[ITALIANO] Commento sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 263/2022.

In materia di contratti di credito stipulati dai consumatori, la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 263 del 22 dicembre 2022, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 11-octies, comma 2, del D.L. n. 73/2021 (convertito, con modificazioni, in L. n. 106/2021), nella parte in cui limitava ad alcune tipologie di costi il diritto alla riduzione spettante al consumatore.
In particolare la Corte Costituzionale con la recente sentenza n. 263/2022 ha chiarito che, in caso di estinzione anticipata del contratto di finanziamento e quindi con la restituzione anticipata del finanziamento, il diritto del consumatore alla riduzione dei costi sostenuti in relazione al contratto di credito non può essere limitato a talune tipologie di costi, in funzione di quando sia stato concluso il contratto, ma sussiste anche quando i contratti sono stati conclusi antecedentemente all’entrata in vigore della legge n. 106/2021.
Secondo la Consulta, infatti, la limitazione che era sancita dalla predetta norma costituisce una violazione dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea e, in particolare, una violazione dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, così come interpretato dalla Corte di Giustizia mediante la sentenza dell’11 settembre 2019, C-383/18 (c.d. caso Lexitor).
In quest’ultima pronuncia la Corte di giustizia ha chiarito che il diritto alla riduzione dei costi deve fare riferimento a tutti gli esborsi sostenuti dal consumatore e che la predetta riduzione deve operare in proporzione alla minore durata del contratto, conseguente alla restituzione anticipata del finanziamento.
Per effetto della sentenza della Corte costituzionale spetterà, dunque, ai consumatori il diritto alla riduzione proporzionale di tutti i costi sostenuti in relazione al contratto di credito, anche nel caso in cui gli stessi abbiano concluso i relativi contratti prima dell’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021.
Lo studio dell’avv. Sbrocca è a disposizione dei consumatori che intendessero far valere tale diritto nei confronti degli istituti di credito con cui abbiano stipulato contratti di finanziamento poi restituito anticipatamente.
Si riporta qui di seguito il testo della sentenza n. 263/2022.


SENTENZA N. 263
ANNO 2022

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Silvana SCIARRA; Giudici : Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 11-octies, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali), convertito, con modificazioni, nella legge 23 luglio 2021, n. 106 promosso dal Tribunale ordinario di Torino, sezione prima civile, nel procedimento vertente fra G. M. e V. spa, con ordinanza del 5 novembre 2021, iscritta al n. 8 del registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 2022.
Visti l’atto di costituzione di V. spa, nonché gli atti di intervento di B. B. spa e del Presidente del Consiglio dei ministri;
udita nell’udienza pubblica dell’8 novembre 2022 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;
uditi gli avvocati Massimo Luciani, Gian Michele Roberti e Valerio Tavormina per V. spa e l’avvocato dello Stato Paolo Gentili per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio dell’8 novembre 2022.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 2 novembre 2021, iscritta al n. 8 del registro ordinanze dell’anno 2022, il Tribunale ordinario di Torino, sezione prima civile, ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, 11 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 11 settembre 2019, in causa C-383/18, Lexitor Sp. z.o.o. (d’ora innanzi: Lexitor) – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 11-octies, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali), convertito, con modificazioni, nella legge 23 luglio 2021, n. 106, «nelle parti in cui: – prevede che alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti; [e] – limita ai contratti sottoscritti successivamente all’entrata in vigore della legge il principio, espresso nell’art. 16 par. 1 della direttiva 2008/48/Ce, come interpretata dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in data 11 settembre 2019 C-383/18 e recepito nel novellato art. 125-sexies comma 1 TUB che “il consumatore che rimborsa anticipatamente, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte”».
2.– Il rimettente riferisce che G. M., dopo aver sottoscritto con T. spa (oggi V. spa) un contratto di prestito personale contro cessione del quinto dello stipendio, con decorrenza dal dicembre 2014 e con scadenza nel novembre 2024, rimborsava anticipatamente e integralmente il debito residuo, dopo il pagamento della rata di maggio 2019.
2.1.– L’ordinanza riporta che, nel conteggio delle restituzioni spettanti al consumatore all’esito dell’estinzione anticipata, l’intermediario non aveva calcolato la riduzione, in via proporzionale, degli oneri sostenuti al momento della conclusione del contratto di mutuo. Pertanto, in data 18 ottobre 2019, il consumatore aveva proposto reclamo, contestando che il calcolo della riduzione non rispettasse «il criterio pro rata temporis applicato dall’Arbitro Bancario Finanziario» e chiedendo, in ogni caso, che si desse applicazione alla sentenza Lexitor.
A seguito del riscontro negativo al reclamo, il consumatore ha presentato ricorso al Collegio di Milano dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) che, con decisione del 5 giugno 2020, lo ha parzialmente accolto, attenendosi ai criteri dettati dalla sentenza Lexitor.
2.2.– All’esito del rifiuto da parte dell’intermediario di dare volontaria esecuzione alla decisione dell’ABF, il consumatore ha proposto ricorso ex art. 702-bis del codice di procedura civile, chiedendo la liquidazione delle maggiori somme dovute in forza della citata sentenza della Corte di giustizia.
Nel corso del giudizio, è entrato in vigore l’art. 11-octies, introdotto con la legge n. 106 del 2021 in sede di conversione del d.l. n. 73 del 2021, che ha sostituito, al comma 1, lettera c), l’art. 125-sexies del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) e ha altresì introdotto una previsione al comma 2, che è l’oggetto della censura del rimettente.
3.– Il Tribunale di Torino ricostruisce il quadro normativo rammentando che l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario aveva dato attuazione all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 23 aprile 2008 n. 2008/48/CE e che, prima dell’intervento della Corte di giustizia con la sentenza Lexitor, tale disposizione era stata interpretata nel nostro ordinamento nel senso che il consumatore potesse ripetere i soli costi dipendenti dalla durata del contratto (i cosiddetti costi recurring) non maturati al momento del rimborso del capitale e che tale ricostruzione era stata condivisa dalla normativa secondaria della Banca d’Italia.
Per converso – sottolinea sempre il rimettente – la citata sentenza della Corte di giustizia ha poi interpretato l’art. 16 della direttiva 2008/48/CE in senso «più favorevole al consumatore», in quanto considera la durata residua del contratto solo ai fini del calcolo della misura della riduzione, che deve riguardare «il costo totale del credito» e non solo i costi recurring.
L’ordinanza espone di seguito che, dopo la sentenza Lexitor, «parte significativa della giurisprudenza», nonché la decisione dell’ABF, collegio di coordinamento, 11 dicembre 2019, n. 26525 hanno interpretato l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, in senso conforme alla pronuncia della Corte di giustizia, aderendo a una ricostruzione ritenuta dal rimettente «non soltanto possibile, ma addirittura doverosa, nell’ottica della “leale collaborazione”».
Sennonché – prosegue il rimettente – il legislatore avrebbe, di seguito, «reagito» alla sentenza della Corte di giustizia «con un emendamento contenuto nella legge di conversione […] del decreto legge Sostegni-bis», che ha recepito il principio espresso dalla sentenza Lexitor, ma ne ha limitato «l’efficacia nel tempo ai soli contratti successivi all’entrata in vigore della legge (25 luglio 2021) e mantenendo al contempo fermo lo status quo ante – e quindi la ripetibilità dei soli costi [recurring] non maturati – per i contratti anteriori al 25 luglio 2021».
4.– A fronte di tale quadro normativo e giurisprudenziale, il Tribunale di Torino ritiene che la citata disciplina avrebbe reso impossibile, per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della legge di conversione n. 106 del 2021, una interpretazione conforme al diritto dell’Unione europea dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario nella sua originaria formulazione.
Infatti, l’art. 11-octies del d.l. n. 73 del 2021, introdotto dalla legge n. 106 del 2021, dopo aver riformulato, con il comma 1, lettera c), l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, in senso strettamente fedele all’interpretazione fornita dalla sentenza Lexitor, e dopo aver altresì introdotto nuove disposizioni in tale articolo, ha poi previsto, nel comma 2, l’applicazione della nuova formulazione dell’art. 125-sexies ai soli contratti conclusi dopo l’entrata in vigore della legge di conversione. Al contempo, per i contratti conclusi prima di tale momento ha stabilito che continuassero, invece, «ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico bancario di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti».
In tale formulazione del «secondo periodo del comma 2 dell’art. 11-octies» il rimettente ravvisa «un elemento testuale, che segna una forte discontinuità tra passato e presente», costituito dal riferimento alle «norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data di sottoscrizione dei contratti». Tale previsione non avrebbe il carattere del «rinvio formale [a quando previsto dalla] Banca d’Italia come fonte secondaria del diritto», ma sarebbe un rinvio recettizio a norme «già emanate […], delle quali il contenuto è noto e viene integrato per relationem all’interno della norma primaria, proprio perché ben conosciuto».
Il riferimento – precisa il rimettente – è alle disposizioni relative alla «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti», approvate dalla Banca d’Italia il 29 luglio 2009 e riviste il 9 febbraio 2011. Queste – riporta sempre l’ordinanza – prevedono che «nei contratti di credito con cessione del quinto dello stipendio o della pensione e nelle fattispecie assimilate, le modalità di calcolo della riduzione del costo totale del credito a cui il consumatore ha diritto in caso di estinzione anticipata includono l’indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti per la parte non maturata, dal finanziatore o da terzi, al consumatore, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore (Sezione VII, Credito ai consumatori, § 5.2.1, in nota)». Una limitazione analoga si leggerebbe – sempre secondo l’ordinanza – nella «Sezione XI, Requisiti organizzativi, § 2 in nota. “L’indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti per la parte non maturata” [implicherebbe] evidentemente l’esistenza di oneri irripetibili, perché relativi ad attività anteriori alla sottoscrizione del contratto, e di oneri astrattamente ripetibili, ma di cui non sussistono le condizioni per lo sgravio, perché già maturati alla data del rimborso anticipato».
Ad avviso del rimettente, tale rinvio a norme secondarie, che univocamente escludevano la ripetibilità, da parte del consumatore, dei costi sostenuti al momento della conclusione del contratto, renderebbe evidente la ratio dell’intervento legislativo finalizzato a «salvaguardare il legittimo affidamento degli intermediari finanziari e dei professionisti operanti nel settore (agenti, mediatori creditizi)».
Al contempo, tale inserzione andrebbe a «precludere la possibilità di un’interpretazione conforme ai principi espressi da Lexitor» dell’art. 125-sexies t.u. bancario nella sua originaria formulazione che, prima, sarebbe stato invece «permeabile» a tali principi, essendo la disposizione nazionale «“schiacciata” sulla corrispondente previsione della Direttiva».
5.– Di conseguenza, il Tribunale di Torino, esclusa la possibilità di fare ricorso all’istituto della non applicazione, non sussistendo l’efficacia diretta dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, ravvisa nell’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, plurimi profili di illegittimità costituzionale.
5.1.– Innanzitutto, il rimettente ritiene che l’art. 11-octies, comma 2, vìoli gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in quanto contrasterebbe con il principio dell’efficacia retroattiva delle sentenze interpretative della Corte di giustizia.
In particolare, l’ordinanza rammenta che «non rientra nella discrezionalità del singolo stato membro la limitazione dell’efficacia nel tempo di una direttiva o, in termini equivalenti, della sentenza della Corte di giustizia che determina i limiti in cui le norme della direttiva hanno efficacia e devono essere applicate, nemmeno se la scelta dello Stato viene giustificata sotto il profilo del rispetto della certezza del diritto e della tutela dell’affidamento legittimo, poiché una tale scelta unilaterale contraddice “l’esigenza fondamentale dell’applicazione uniforme e generale del diritto comunitario”, la quale implica che sia, invece, riservato alla Corte di “decidere sulle limitazioni nel tempo da apportare all’interpretazione che essa fornisce”». Precisa, inoltre, che solo la Corte di giustizia, e nella stessa sentenza che statuisce sull’interpretazione richiesta, potrebbe prevedere una limitazione dell’efficacia temporale di tali pronunce.
5.2.– Infine, il rimettente ravvisa nell’art. 11-octies, comma 2, un contrasto anche con l’art. 3 Cost., in quanto la disposizione censurata realizzerebbe una irragionevole disparità di trattamento, non giustificata dalle fonti europee, fra contratti conclusi anteriormente e successivamente al 25 luglio 2021.
6.– Motivata nei termini sopra richiamati la non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale prospettate, il rimettente precisa, in punto di rilevanza, che dalla decisione di tali questioni dipenderebbe la soluzione della controversia sottoposta al suo esame, «poiché il contratto oggetto di causa è stato concluso nella vigenza della direttiva 2008/48/Ce, ma anteriormente al 25 luglio 2021, ed è stato estinto anticipatamente dal consumatore con rimborso integrale del capitale». Dall’accoglimento delle questioni dipenderebbe «quindi l’esistenza del diritto alla ripetibilità pro rata temporis degli oneri upfront, che è lo specifico oggetto della domanda».
7.– In data 8 marzo 2022 si è costituita in giudizio V. spa, parte del giudizio principale, la quale ha chiesto che le questioni di legittimità costituzionale sollevate siano dichiarate inammissibili e, in ogni caso, manifestamente infondate.
7.1.– Le eccezioni di inammissibilità riguardano i seguenti profili.
7.1.1.– In primo luogo, il ricorso sarebbe carente sotto il profilo della descrizione della fattispecie oggetto di giudizio, il che ridonderebbe in un difetto di motivazione sulla rilevanza. In particolare, il rimettente avrebbe omesso di indicare il giorno in cui si sarebbe verificata l’estinzione anticipata del mutuo sottoscritto dal consumatore, parte del giudizio a quo, limitandosi a riferire che esso sarebbe avvenuto «dopo il pagamento della rata di maggio 2019».
7.1.2.– In secondo luogo, la difesa della parte ritiene che l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale non consentirebbe in ogni caso al Tribunale di Torino di accogliere la domanda del consumatore, il che paleserebbe un ulteriore difetto di rilevanza.
Secondo la parte, dal momento che la disposizione censurata è solo il comma 2 dell’art. 11-octies e posto che il senso di tale norma sarebbe quello di esplicitare una regola generale di irretroattività del nuovo art. 125-sexies t.u. bancario, il Tribunale di Torino non potrebbe, anche là dove la norma di diritto intertemporale fosse dichiarata costituzionalmente illegittima, applicare al caso sottoposto al suo esame il nuovo art. 125-sexies, in quanto tornerebbe ad operare la disciplina generale.
Al contempo, in caso di accoglimento delle questioni, il giudice a quo non potrebbe pretendere di applicare il testo precedente dell’art. 125-sexies t.u. bancario reinterpretato, in quanto – sempre secondo la difesa di V. spa – sarebbe stato lo stesso giudice a quo a sostenere che la riformulazione della disposizione si sarebbe resa necessaria, poiché non sarebbe stato possibile interpretare quel testo in conformità a quanto statuito dalla sentenza Lexitor.
7.1.3.– Ancora, un terzo profilo di inammissibilità viene fatto valere con riferimento alla censura di violazione dell’art. 3 Cost.
Secondo la difesa della parte, l’ordinanza di rimessione non avrebbe assolto l’onere di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza del dubbio di legittimità costituzionale, essendosi limitata a lamentare una diversità di trattamento, non giustificata dalle fonti europee, fra contratti conclusi anteriormente e successivamente al 25 luglio 2021, senza tuttavia spiegare le ragioni che renderebbero tale differenza contrastante con il parametro costituzionale evocato.
7.1.4.– Infine, sempre la parte ha sollevato un’ulteriore eccezione d’inammissibilità.
La difesa di V. spa sottolinea come uno dei costi addebitati al consumatore, nel caso da cui è sorta la controversia davanti al Tribunale di Torino, sarebbe stato quello per «commissione rete esterna», che risulterebbe – a detta della parte costituita in giudizio – pacificamente al di fuori del perimetro dei costi ripetibili, anche in base alla sentenza Lexitor.
Secondo la difesa della parte, poiché il rimettente non si sarebbe soffermato su tale circostanza, ciò renderebbe «la questione – una volta di più – anche inammissibile, stavolta per difetto di motivazione, oltre che della rilevanza, della non manifesta infondatezza».
7.2.– Nel merito, la difesa di V. spa osserva, anzitutto, che la sentenza Lexitor origina da un contesto normativo diverso da quello italiano e si occupa «soltanto dei costi unilateralmente manipolabili dal finanziatore». Resterebbero pertanto fuori dal perimetro della ripetibilità i costi che, nel caso di specie, il cliente ha sostenuto a titolo di «commissione rete esterna» e di cui chiede la restituzione, in quanto gli stessi non sarebbero per definizione manipolabili unilateralmente.
Inoltre, la difesa della parte sostiene che, in nome del principio della chiarezza, precisione e prevedibilità delle disposizioni dell’Unione, ribadito da numerosi precedenti della Corte di giustizia, «la portata vincolante della sentenza Lexitor risulta oggettivamente limitata al tempo successivo alla sua pubblicazione».
Ove la Corte «dovesse ritenere che Lexitor abbia magicamente attribuito chiarezza e precisione anche per il passato a una disposizione che secondo la stessa corte di Lussemburgo chiara e precisa certamente non era, altro insormontabile ostacolo impedirebbe di attribuirle rilevanza nel diritto interno, ostacolo rappresentato dal principio di tutela del legittimo affidamento, nonché (con risultato equivalente) dal diritto al pacifico godimento dei propri beni ex art. 1 del Primo Protocollo addizionale alla CEDU, la cui applicazione è presidiata dall’art. 117, comma 1, Cost.».
Si realizzerebbe sul punto una piena consonanza fra i principi ripetutamente affermati dalla Corte EDU, in merito alla necessità di tutelare il legittimo affidamento, e gli orientamenti di questa Corte, circa il necessario rispetto del canone di ragionevolezza e proporzionalità.
Infine, la difesa di V. spa osserva che, anche a voler ritenere che la norma della direttiva sia sufficientemente chiara e che sia stata mal recepita dal legislatore italiano, essa sarebbe comunque priva di efficacia diretta nei rapporti fra privati e, dunque, non potrebbe creare obblighi a carico dei singoli.
In via ulteriormente subordinata, V. spa richiede che questa Corte tenga conto dell’impatto che la propria pronuncia di accoglimento determinerebbe su altri principi costituzionali e, facendo uso della facoltà che questa stessa Corte si è riconosciuta con la sentenza n. 10 del 2015, provveda a graduare gli effetti temporali della decisione sui rapporti pendenti, consentendo che i principi affermati dalla sentenza Lexitor investano «i soli contratti stipulati dopo un ragionevole lasso di tempo (indispensabile per l’adeguamento della condotta di ogni non piccola realtà imprenditoriale) dalla pubblicazione della sentenza Lexitor ovvero, a tutto concedere, quelli la cui estinzione sia intervenuta dopo il predetto ragionevole lasso di tempo».
8.– In data 8 marzo 2022, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, il quale ha sostenuto tanto l’inammissibilità delle questioni sollevate, quanto la loro non fondatezza.
8.1.– Sotto il primo profilo, vengono sollevate eccezioni di rito per insufficiente motivazione e, comunque, per erroneità dei presupposti interpretativi.
L’Avvocatura dello Stato osserva che il rimettente, pur considerando possibile un’interpretazione dell’art. 125-sexies t.u. bancario, nella sua originaria formulazione, in senso conforme al diritto dell’Unione europea, come interpretato dalla Corte di giustizia nella sentenza Lexitor, ravviserebbe un ostacolo a tale adeguamento ermeneutico nell’introduzione nella disposizione censurata del riferimento alla normativa secondaria della Banca d’Italia.
Il rimettente, tuttavia, non spiegherebbe – secondo l’Avvocatura – le ragioni per cui tale richiamo alla normativa della Banca d’Italia sarebbe ostativo all’interpretazione conforme, né preciserebbe in che termini sarebbe avvenuta una presunta «legificazione» della normativa sulla trasparenza.
In aggiunta, la difesa dello Stato contesta al rimettente l’omessa considerazione delle linee orientative emesse dalla Banca d’Italia il 4 dicembre 2019, all’indomani della sentenza Lexitor, nelle quali si sarebbe tenuto conto di tale sentenza e sarebbe stata caldeggiata proprio l’interpretazione conforme al diritto dell’Unione europea dell’art. 125-sexies t.u. bancario.
8.2.– Nel merito, l’Avvocatura sostiene la non fondatezza delle questioni, poiché il legislatore si sarebbe indotto a intervenire per tutelare l’affidamento riposto dagli intermediari nella pregressa interpretazione dell’indicato art. 125-sexies.
La sentenza Lexitor avrebbe determinato uno stravolgimento di tale precedente lettura e avrebbe esposto le società finanziarie e gli istituti creditizi a crediti restitutori di enorme entità, del tutto imprevisti.
La scelta della non retroattività determinerebbe, secondo l’Avvocatura, un equilibrato contemperamento di tutti i contrapposti interessi, chiarendo per il futuro l’estensione del costo totale del credito, ma facendo salvi gli affidamenti precedenti.
9.– Sempre in data 8 marzo 2022, ha spiegato atto d’intervento B. B. spa.
L’interveniente, dopo aver premesso di essere una società che «eroga finanziamenti ai consumatori attraverso lo strumento dei contratti di finanziamento rimborsabili mediante cessione del quinto dello stipendio o della pensione o delegazione di pagamento», sostiene di avere interesse alla partecipazione al giudizio di legittimità costituzionale, in quanto le vicende connesse alla sentenza Lexitor e all’entrata in vigore dell’art. 11-octies del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, hanno generato un ingente contenzioso, nel quale anch’essa è stata coinvolta.
In particolare, B. B. spa afferma di essere parte di un processo in corso davanti al Giudice di pace di Catania, nel quale deve farsi applicazione della stessa disposizione, che forma oggetto delle questioni sottoposte al vaglio di legittimità costituzionale dal Tribunale di Torino, e che il giudice ha sospeso il giudizio in attesa della decisione di questa Corte.
10.– Infine, hanno depositato opinioni scritte in qualità di amici curiae, ai sensi dell’art. 6 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, quattro associazioni private: il 4 marzo 2022, il «Centro studi Giuridici ExparteCreditoris.it», l’8 marzo 2022, la «Associazione Italiana del Credito al Consumo e Immobiliare – ASSOFIN», la «PRI.BANKS, Associazione Banche Private Italiane» e la «Associazione Unione Finanziarie Italiane – UFI».
Con decreto presidenziale del 29 settembre 2022, tutte le opinioni sono state ammesse, poiché le associazioni, alla luce del loro statuto e di quanto esposto, appaiono astrattamente in grado di offrire elementi utili a una migliore conoscenza e valutazione del caso.
11.– All’udienza pubblica dell’8 novembre 2022, l’avvocato di B. B. spa ha dichiarato di non voler intervenire in udienza.
Sono stati, dunque, uditi gli avvocati di V. spa e l’avvocato generale dello Stato per la Presidenza del Consiglio dei ministri, che hanno insistito per le conclusioni rassegnate nei rispettivi scritti difensivi. In aggiunta a quanto sostenuto nell’atto di costituzione in giudizio e nella memoria, la difesa di V. spa ha eccepito in rito l’inammissibilità delle questioni per carenza di motivazione in merito alle ricadute della norma transitoria, di cui all’art. 30 della direttiva 2008/48/Ce, in ragione della quale la stessa disciplina della direttiva non troverebbe applicazione «ai contratti di credito in corso alla data di entrata in vigore delle misure nazionali di attuazione».

Considerato in diritto

1.– Con ordinanza del 2 novembre 2021, iscritta al n. 8 del registro ordinanze dell’anno 2022, il Tribunale ordinario di Torino, sezione prima civile, ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, 11 e 117, primo comma, Cost. in relazione all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, nella sentenza Lexitor – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, «nelle parti in cui: – prevede che alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti; [e] – limita ai contratti sottoscritti successivamente all’entrata in vigore della legge il principio, espresso nell’art. 16 par. 1 della direttiva 2008/48/CE, come interpretata dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in data 11 settembre 2019 C-383/18 e recepito nel novellato art. 125-sexies comma 1 TUB che “il consumatore che rimborsa anticipatamente, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte”».
2.– In punto di rilevanza, il rimettente osserva che le questioni di legittimità costituzionale condizionano la decisione «poiché il contratto oggetto di causa è stato concluso nella vigenza della direttiva 2008/48/Ce, ma anteriormente al 25 luglio 2021, ed estinto anticipatamente dal consumatore con rimborso integrale del capitale». Di conseguenza, dall’accoglimento delle censure prospettate dipenderebbe «l’esistenza del diritto alla ripetibilità pro rata temporis degli oneri upfront, che è lo specifico oggetto della domanda».
Sotto il profilo della non manifesta infondatezza, l’ordinanza rileva che, in contrasto con gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., la disposizione censurata integrerebbe un inadempimento post factum della direttiva 2008/48/CE e violerebbe il principio dell’efficacia retroattiva delle sentenze interpretative della Corte di giustizia, in ragione del quale la norma, come interpretata, deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti prima della sentenza interpretativa.
In aggiunta, il rimettente lamenta un vulnus all’art. 3 Cost., in quanto la disposizione censurata realizzerebbe, in contrasto con le norme europee, una irragionevole disparità di trattamento fra contratti conclusi anteriormente e successivamente al 25 luglio 2021.
3.– In data 8 marzo 2022 si è costituita in giudizio V. spa, parte del processo principale, la quale ha sollevato molteplici eccezioni di inammissibilità e ha, comunque, dedotto il carattere manifestamente infondato delle questioni sollevate.
Nella medesima data è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale ha parimenti eccepito l’inammissibilità e, in ogni caso, la non fondatezza delle questioni.
4.– Sempre in data 8 marzo 2022, ha depositato atto d’intervento B. B. spa, che ha sostenuto di avere interesse alla partecipazione al giudizio di legittimità costituzionale, in quanto parte di un processo in corso dinanzi al Giudice di pace di Catania, avente a oggetto analoga fattispecie cui deve essere applicata la medesima disposizione censurata nel presente giudizio.
4.1.– L’intervento va dichiarato inammissibile.
Secondo il disposto dell’art. 4, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, solo «i titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato» al rapporto dedotto nel processo principale, possono intervenire nei giudizi promossi in via incidentale.
Pertanto, oltre alle parti del processo a quo, al Presidente del Consiglio dei ministri, e, qualora la questione riguardi una legge regionale, al Presidente della Giunta regionale, l’intervento è consentito esclusivamente a terzi titolari di una posizione giuridica suscettibile di essere pregiudicata immediatamente e irrimediabilmente dall’esito del giudizio incidentale (sentenza n. 159 del 2019; ex multis, ordinanze n. 14 del 2022, n. 225, n. 191 e n. 24 del 2021, n. 202 e n. 111 del 2020), non potendosi, per contro, considerare sufficiente l’essere titolare di interessi analoghi a quelli dedotti nel giudizio a quo o l’essere parte in un processo similare, ma distinto da quello principale.
4.2.– Tanto appare sufficiente a escludere la sussistenza di un interesse qualificato in capo a B. B. spa, la quale, come sopra rilevato, è parte di un giudizio diverso da quello principale, ancorché vertente su analoga tematica e chiamato a dare applicazione alla medesima disposizione censurata nel presente giudizio.
5.– Passando ora all’esame dei profili di rito inerenti alle questioni di legittimità costituzionale sollevate, deve ritenersi, innanzitutto, fondata l’eccezione, formulata dalla difesa della parte, di inammissibilità per carente motivazione sulla non manifesta infondatezza della censura concernente la violazione dell’art. 3 Cost.
Il rimettente si è, in effetti, limitato a lamentare una differenza di trattamento, non giustificata dalle fonti europee, fra contratti conclusi anteriormente e successivamente al 25 luglio 2021, senza spiegare le ragioni che renderebbero tale differenza contrastante con il parametro costituzionale.
La censura si rivela, dunque, carente di una autonoma e adeguata illustrazione delle ragioni per le quali l’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, integrerebbe una violazione dell’art. 3 Cost., il che determina l’inammissibilità della relativa questione di legittimità costituzionale (ex multis, sentenze n. 128 del 2022, n. 114, n. 87 e n. 39 del 2021).
6.– Devono essere, invece, respinte le ulteriori eccezioni di rito sollevate sempre dalla difesa della parte.
6.1.– Non è fondata, innanzitutto, l’eccezione che ravvisa, nell’omessa indicazione, da parte del rimettente, del giorno in cui si sarebbe verificata l’estinzione anticipata del mutuo sottoscritto dal consumatore, una insufficiente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio, che ridonderebbe in un difetto di motivazione sulla rilevanza.
6.1.1.– Secondo la difesa di V. spa, si tratterebbe di un dato decisivo, poiché, per i contratti già in essere al momento dell’entrata in vigore della norma censurata, proprio il dies dell’estinzione anticipata sarebbe «dirimente al fine di ragionare sull’an e sul quando dell’applicabilità dei principi sanciti nella sentenza Lexitor, pubblicata in data 11 settembre 2019». L’ordinanza si sarebbe, viceversa, limitata a riferire che l’estinzione anticipata sarebbe avvenuta «dopo il pagamento della rata di maggio 2019».
6.1.2.– L’eccezione non può essere accolta, in quanto radicata su assunti che non trovano alcun riscontro né nella sentenza Lexitor né nella disposizione censurata.
La citata sentenza della Corte di giustizia prospetta una interpretazione dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, che trova applicazione a tutti i contratti conclusi dopo l’attuazione della direttiva (art. 30 della direttiva) e che non limita la vincolatività della sua ricostruzione solo pro futuro, né la circoscrive alle mere estinzioni anticipate intervenute dopo la pubblicazione della medesima pronuncia.
Al contempo, l’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, introdotto in sede di conversione in legge – della cui legittimità costituzionale dubita il rimettente – dà rilievo, nel segnare il discrimine fra la vecchia e la nuova formulazione dell’art. 125-sexies t.u. bancario, al momento in cui è stato sottoscritto il contratto e non al momento in cui è stata richiesta l’estinzione anticipata del mutuo.
Di conseguenza, ai fini della rilevanza, è certamente sufficiente che l’ordinanza di rimessione abbia indicato la data di perfezionamento del contratto (vale a dire, il 16 ottobre 2014), salvo, peraltro, aver ulteriormente precisato che l’estinzione anticipata è avvenuta dopo il pagamento della rata di maggio 2019.
6.2.– Anche l’ulteriore eccezione di inammissibilità per irrilevanza sollevata dalla parte risulta non fondata.
6.2.1.– Essa prende le mosse dalla considerazione in base alla quale la disposizione censurata espliciterebbe solo una regola generale di irretroattività del nuovo art. 125-sexies t.u. bancario, sicché il Tribunale di Torino, anche là dove la norma di diritto intertemporale fosse dichiarata costituzionalmente illegittima, non potrebbe applicare al contratto oggetto del giudizio a quo il nuovo art. 125-sexies. In virtù del generale principio tempus regit actum, tale disposizione sarebbe, infatti, riferibile ai soli contratti conclusi dopo la sua entrata in vigore, con esclusione, di riflesso, del contratto di cui si controverte nel processo a quo.
Al contempo, in caso di accoglimento delle questioni, il rimettente non potrebbe far valere il testo precedente dell’art. 125-sexies t.u. bancario, reinterpretato alla luce della sentenza Lexitor, in quanto – secondo quel che sostiene la difesa di V. spa – lo stesso giudice a quo avrebbe reputata necessaria la riformulazione del comma 1 dell’art. 125-sexies t.u. bancario, poiché quel testo avrebbe detto l’opposto di quanto statuito dalla pronuncia della Corte di giustizia.
Inoltre, il rimettente non avrebbe spiegato come sarebbe possibile applicare il vecchio art. 125-sexies t.u. bancario, ancorché reinterpretato, a una fattispecie il cui fatto generatore (sottoscrizione del contratto e sua estinzione anticipata) risalirebbe non solo a un periodo precedente la riformulazione della disposizione in parola, ma addirittura a un’epoca antecedente alla stessa sentenza Lexitor.
6.2.2.– Nemmeno questa eccezione può essere accolta poiché anch’essa basata su asserzioni che non trovano conferma.
Il primo rilievo non tiene in debito conto che, là dove l’ordinanza lamenta che il primo periodo del comma 2 dell’art. 11-octies del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, ha limitato al futuro l’efficacia della norma con cui l’ordinamento nazionale si sarebbe adeguato alla sentenza della Corte di giustizia, il medesimo atto di promovimento ha inteso proprio prospettare la retroattività della disposizione.
In ogni caso, risulta smentita anche l’asserzione che esclude la possibilità di interpretare la precedente formulazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, in senso conforme alla ricostruzione offerta dalla Corte di giustizia, poiché tale assunto è confutato da quanto afferma la medesima ordinanza. Secondo il rimettente, prima dell’intervento legislativo del 2021, era ben possibile, e anzi doverosa, la sostituzione della «chiave di lettura della norma – dall’intangibilità dei diritti acquisiti dall’intermediario (e dagli altri professionisti) all’effettività dei diritti del consumatore – senza arrecare apparenti traumi alla coerenza e logicità dell’enunciato normativo e senza incorrere in una manifesta contrarietà a legge, che costituisce l’estremo punto di resistenza dell’ordinamento interno all’obbligo di interpretazione “in conformità”». Ciò che, invece, – secondo il rimettente – avrebbe precluso, dopo l’intervento legislativo del 2021, l’interpretazione conforme alla sentenza Lexitor è il riferimento nel censurato art. 11-octies, comma 2, alle norme secondarie, riferimento ricompreso fra le parti della disposizione di cui il rimettente chiede la rimozione.
Infine, l’ordinanza ha ben spiegato, proprio sulla scorta della naturale retroattività delle pronunce interpretative della Corte di giustizia, come, in assenza del citato rimando alle norme secondarie, sarebbe percorribile l’applicazione del precedente art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, reinterpretato alla luce della pronuncia della Corte di giustizia, anche a una fattispecie il cui fatto generatore (sottoscrizione del contratto e sua estinzione anticipata) risalga a un’epoca antecedente alla medesima sentenza.
6.3.– Ancora, non può ritenersi fondata neppure l’ulteriore eccezione d’inammissibilità sollevata negli scritti difensivi dalla parte, in base alla quale il rimettente non avrebbe considerato – con conseguente difetto di motivazione sulla rilevanza, oltre che sulla non manifesta infondatezza delle questioni – che il costo per «commissione rete esterna», addebitato al consumatore nella vicenda oggetto del giudizio a quo, sarebbe sicuramente al di fuori del perimetro dei costi ripetibili.
Ebbene, innanzitutto, è dalla stessa difesa della parte che può desumersi che il costo addebitato al cliente a titolo di «commissione rete esterna» è solo uno dei costi di cui è stata richiesta la ripetizione nel giudizio a quo.
D’altro canto, l’ordinanza si sofferma in plurimi passaggi a precisare che il consumatore ha fatto valere nel giudizio principale la restituzione di costi qualificabili come up-front, rimborsabili alla luce della sentenza Lexitor, la quale valorizza l’ampia nozione di «costo totale del credito».
Di conseguenza, proprio in ragione della latitudine di tale nozione, il rimettente non era tenuto a illustrare analiticamente le caratteristiche dei singoli crediti vantati dall’attore nel giudizio a quo, salvo dover precisare che essi fossero ascrivibili alla categoria up-front. E questo – come si è appena precisato – trova ampio riscontro nell’atto introduttivo.
6.4.– Infine, anche l’eccezione di carente ricostruzione del quadro normativo sollevata dalla difesa della parte nel corso dell’udienza pubblica dell’8 novembre 2022 non è fondata.
6.4.1.– In base a tale eccezione il rimettente avrebbe dovuto argomentare in merito alla norma transitoria, di cui all’art. 30 della direttiva 2008/48/CE, che esclude l’applicabilità della direttiva ai contratti in corso al momento dell’entrata in vigore della disciplina nazionale attuativa della stessa direttiva.
6.4.2.– Sennonché tale eccezione muove da un’ipotesi ricostruttiva – quella secondo cui l’attuazione della direttiva 2008/48/CE, almeno relativamente all’art. 16, si sarebbe avuta solo con la legge di conversione n. 106 del 2021 – ben diversa da quella sulla quale si fonda l’argomentazione del rimettente.
L’ordinanza, infatti, argomenta nel senso che la direttiva avrebbe trovato attuazione con il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, recante «Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi», decreto che è entrato in vigore il 19 settembre 2010, vale a dire ben quattro anni prima della data di conclusione del contratto oggetto del giudizio a quo.
Non a caso, il rimettente ravvisa nella disciplina censurata un inadempimento solo post factum e concernente non l’an, bensì il quomodo dell’attuazione dell’art. 16 della direttiva da parte del censurato art. 11-octies, comma 2, il quale ha, infatti, continuato a prevedere l’applicazione per il passato dell’art. 125-sexies t.u. bancario, come introdotto dal d.lgs. n. 141 del 2010 in attuazione della direttiva.
Di conseguenza, una volta che il rimettente ha chiarito la data di perfezionamento del contratto sul quale si controverte nel processo a quo, vale a dire il 16 ottobre 2014, e una volta che l’atto introduttivo del giudizio ha fatto preciso riferimento alla disciplina attuativa della direttiva, evocando il citato d.lgs. n. 141 del 2010, sarebbe del tutto ultroneo pretendere una esplicitazione di ciò che pare di tutta evidenza: vale a dire che un contratto concluso dopo quattro anni dall’entrata in vigore della disciplina attuativa della direttiva fosse soggetto a tale normativa.
7.– Da ultimo, non sono fondate neanche le eccezioni di inammissibilità sollevate dall’Avvocatura dello Stato.
7.1.– In particolare, la difesa dello Stato contesta, innanzitutto, il mancato esperimento del tentativo di interpretazione conforme al diritto dell’Unione europea della disposizione censurata.
Sennonché, il rimettente si è ampiamente confrontato con le possibili soluzioni ermeneutiche adeguatrici al diritto dell’Unione europea e le ha consapevolmente e motivatamente escluse.
In primo luogo, assumendo una posizione condivisa da altri interpreti, il rimettente ha mostrato di avere ampia conoscenza della tesi, avanzata nella giurisprudenza di merito, secondo cui l’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, consentirebbe tuttora un’interpretazione conforme a Lexitor del precedente art. 125-sexies t.u. bancario, ma l’ha disattesa, reputando impossibile svalutare la portata del rinvio che l’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, opera alla normativa secondaria. A tal riguardo, il rimettente ha adeguatamente motivato lo stretto collegamento creato, dalla disposizione censurata, fra la precedente formulazione dell’art. 125-sexies t.u. bancario e specifiche norme secondarie della Banca d’Italia.
In secondo luogo, il rimettente ha ritenuto non praticabile la via di una interpretazione adeguatrice del complessivo art. 11-octies, comma 2, ai contenuti della sentenza Lexitor, che sarebbe preclusa dalla chiarezza della disposizione, non suscettibile di essere interpretata in modo compatibile con i vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e, in particolare, con la citata pronuncia della Corte di giustizia.
Peraltro, il rimettente ha anche escluso la non applicazione dell’art. 11-octies, comma 2, sostenendo che la disposizione del diritto dell’Unione europea, contrastante con la norma censurata, è priva di efficacia diretta «regolando un rapporto esclusivamente inter-privato».
7.2.– Infine, l’ultima obiezione in rito dell’Avvocatura dello Stato è nel senso che il rimettente abbia erroneamente omesso di considerare le «linee orientative» del 4 dicembre 2019, con le quali la Banca d’Italia, all’indomani della sentenza Lexitor, avrebbe supportato una interpretazione conforme al diritto dell’Unione europea dell’art. 125-sexies t.u. bancario.
Anche questa eccezione non è fondata, in quanto il rimettente correttamente non ha richiamato tali linee guida, poiché esse – come si preciserà meglio in seguito (punto 12.1.) – da un lato, contengono disposizioni non suscettibili di recepire il rinvio di cui all’art. 11-octies, comma 2, e, da un altro lato, non consentirebbero comunque di preservare la disposizione censurata dall’illegittimità costituzionale.
8.– Nel merito, le questioni sono fondate nei termini di seguito precisati.
9.– Preliminarmente, occorre ricostruire il quadro normativo e giurisprudenziale, che ha condotto all’adozione della disposizione censurata, ossia dell’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, introdotto in sede di conversione nella legge n. 106 del 2021.
9.1.– Il 23 aprile 2008 è stata approvata la direttiva 2008/48/CE, che disciplina i contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo.
La nuova normativa, diversamente dalla precedente, adotta una tecnica di armonizzazione piena, finalizzata a garantire «a tutti i consumatori della Comunità di fruire di un livello elevato ed equivalente dei loro interessi e che crei un vero mercato interno» (considerando n. 9). A tal fine, l’art. 22, paragrafo 1, dispone che «[n]ella misura in cui la presente direttiva contiene disposizioni armonizzate, gli Stati membri non possono mantenere né introdurre nel proprio ordinamento disposizioni diverse da quelle in essa stabilite».
Fra le disposizioni armonizzate si rinviene l’art. 16, paragrafo 1, secondo cui: «[i]l consumatore ha il diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto».
Il diritto alla riduzione viene, dunque, rapportato al paradigma del «costo totale del credito». Questo è definito all’art. 3, paragrafo 1, lettera g), con riguardo a «tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza, escluse le spese notarili; sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, in particolare i premi assicurativi, se, in aggiunta, la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio è obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte».
A fronte di tale disciplina, posta a tutela del consumatore, i successivi paragrafi dell’art. 16 prevedono, a favore di chi ha concesso il credito, il «diritto ad un indennizzo equo ed oggettivamente giustificato per eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito, sempre che il rimborso anticipato abbia luogo in un periodo per il quale il tasso debitore è fisso». Quanto ai limiti – stabiliti sempre dal paragrafo 2 – per tale indennizzo, il paragrafo 4, lettera b), consente agli Stati membri di derogare alla disciplina uniforme, disponendo che il creditore possa «eccezionalmente pretendere un indennizzo maggiore se è in grado di dimostrare che la perdita subita a causa del rimborso anticipato supera l’importo determinato ai sensi del paragrafo 2».
9.2.– Nell’ordinamento italiano, la direttiva 2008/48/CE è stata attuata con il d.lgs. n. 141 del 2010, il cui art. 1 ha interamente sostituito il Capo II del Titolo VI del t.u. bancario.
In particolare, la disciplina del rimborso anticipato è stata recepita nell’art. 125-sexies t.u. bancario, il cui comma 1, prima delle recenti modifiche, recitava: «[i]l consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore. In tale caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto».
Quanto alla nozione di costo totale del credito, essa è stata riprodotta nell’art. 121, comma 1, lettera e), t.u. bancario, secondo cui il «“costo totale del credito” indica gli interessi e tutti gli altri costi, incluse le commissioni, le imposte e le altre spese, a eccezione di quelle notarili, che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il finanziatore è a conoscenza». Il comma 2 sempre dell’art. 121 precisa, inoltre, che «[n]el costo totale del credito sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, compresi i premi assicurativi, se la conclusione di un contratto avente ad oggetto tali servizi è un requisito per ottenere il credito, o per ottenerlo alle condizioni offerte».
9.3.– Nei primi anni di applicazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, l’interpretazione della disposizione, accolta dalla giurisprudenza di merito e dall’ABF, ha visto riferire il diritto alla riduzione dei costi, conseguente al rimborso anticipato, alle sole voci soggette a maturazione nel tempo (costi cosiddetti recurring), con esclusione di quelle relative alle attività finalizzate alla concessione del prestito, integralmente esaurite prima della eventuale estinzione anticipata (costi cosiddetti up-front). Sullo sfondo di tale prassi applicativa si rinviene anche l’argomentazione che collega il dato testuale della disposizione alla teoria della giustificazione causale delle attribuzioni, sicché si ritengono recuperabili i costi riferiti a prestazioni che conferiscono utilità collegate con la durata del contratto e, per converso, irripetibili costi relativi a prestazioni, la cui giustificazione causale abbia già trovato compimento.
A fronte della distinzione fra costi up-front, non ripetibili, e costi recurring, suscettibili di riduzione, nella realtà sono emerse condotte abusive nella qualificazione e nella imputazione dei costi; a esse l’ABF ha reagito – nelle sue decisioni – prevedendo che, a fronte di condotte poco trasparenti, in sede di predisposizione delle condizioni contrattuali, si sarebbero dovuti ritenere rimborsabili tutti i costi le cui ragioni fossero state opacamente manifestate.
La Banca d’Italia, a sua volta, è intervenuta con il provvedimento del 9 febbraio 2011, recante «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti – Recepimento della Direttiva sul credito ai consumatori» (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 febbraio 2011, serie generale, n. 38 – supplemento ordinario n. 40), che ha emendato il precedente provvedimento del 29 luglio 2009.
Nella Sezione VII di tali disposizioni (Credito ai consumatori, paragrafo 5.2.1, lettera q, nota 3) si legge che «[n]ei contratti di credito con cessione del quinto dello stipendio o della pensione e nelle fattispecie assimilate, le modalità di calcolo della riduzione del costo totale del credito a cui il consumatore ha diritto in caso di estinzione anticipata includono l’indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti per la parte non maturata, dal finanziatore o da terzi, al consumatore, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore». In successive Sezioni si precisa poi che le procedure interne dell’intermediario devono quantificare «in maniera chiara, dettagliata e inequivoca gli oneri che maturano nel corso del rapporto e che, in caso di estinzione anticipata, sono restituiti per la parte non maturata, dal finanziatore o da terzi, al consumatore, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore» (Sezione VII-bis, «Cessione di quote dello stipendio, del salario o della pensione», e Sezione XI, «Requisiti organizzativi», paragrafo 2, comma 1, terzo alinea, nota 1).
In definitiva, le norme secondarie avallano l’interpretazione in base alla quale i costi soggetti a riduzione sarebbero i costi recurring e valorizzano, correlativamente, i doveri di trasparenza.
9.4.– Mentre il contesto nazionale si assestava nei termini sopra delineati, è intervenuta, su sollecitazione di un tribunale polacco, la già citata sentenza Lexitor della Corte di giustizia, 11 settembre 2019, in causa C-383/18, che ha interpretato l’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, nel senso «che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore» (punto 36).
La Corte di giustizia ha preso atto che il riferimento alla riduzione dei costi nella citata disposizione si prestava – nelle varie versioni linguistiche – a essere riferito tanto ai soli costi «che dipendono oggettivamente dalla durata del contratto», quanto al metodo di calcolo della riduzione del costo totale del credito, che deve operare «in proporzione alla durata residua del contratto» (sentenza Lexitor, punto 24).
A fronte di tale incertezza ermeneutica, la Corte di giustizia ha ritenuto di valorizzare, sempre nel testo della disposizione, l’espressione «riduzione del costo totale del credito», che ha sostituito il precedente richiamo alla «nozione generica di “equa riduzione”» presente nell’art. 8 della direttiva 87/102/CEE (sentenza Lexitor, punto 28). Tale dato testuale, che rimanda in via sistematica all’art. 3, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2008/48/CE, ove si definisce il costo totale del credito, ha attratto – nella ricostruzione della Corte – il canone dell’interpretazione teleologica ispirato all’esigenza di garantire «un’elevata protezione del consumatore» (sentenza Lexitor, punto 29).
In particolare, la Corte di giustizia ha rilevato che «limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito, poiché il soggetto concedente il credito potrebbe essere tentato di ridurre al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto» (sentenza Lexitor, punto 32).
Al contempo, la Corte ha precisato che l’interpretazione offerta non va a penalizzare in maniera sproporzionata i concedenti il credito, ai quali la direttiva ha riconosciuto «il diritto ad un indennizzo per gli eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito», lasciando oltretutto liberi, in questo caso, gli Stati membri «di provvedere affinché l’indennizzo sia adeguato alle condizioni del credito e del mercato al fine di tutelare gli interessi del mutuante» (sentenza Lexitor, punto 34).
Infine, un ulteriore vantaggio per il creditore, segnalato dalla Corte di giustizia, consiste proprio nell’acquisizione anticipata della somma prestata, ciò che gli consentirebbe di concludere un nuovo contratto di credito con ulteriori guadagni e benefici per il mercato (sentenza Lexitor, punto 35).
In definitiva, la Corte di giustizia ha interpretato l’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, partendo da un dato sicuramente testuale, ossia il riferimento alla riduzione del costo totale del credito, per addivenire a un’interpretazione orientata a una elevata tutela del consumatore – che previene il rischio di abusi, a beneficio anche della concorrenza –, in presenza di contrappesi ritenuti adeguati a favore dei creditori.
9.5.– La citata sentenza Lexitor ha ispirato, in Italia, un numero cospicuo di pronunce dell’ABF e della giurisprudenza di merito, le quali hanno applicato l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, in senso conforme alla sentenza della Corte di giustizia.
In particolare, si è ritenuto che, pur sussistendo una differenza lessicale fra la versione italiana dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva e l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, a tale differenza non potesse «ragionevolmente attribuirsi alcun significativo rilievo» (ABF, collegio di coordinamento, decisione n. 26525 del 2019).
Si è, dunque, escluso che l’interpretazione in senso conforme alla sentenza Lexitor dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario potesse tradursi in una interpretazione contra legem, non ravvisandosi una violazione del dato testuale.
La conclusione è stata, pertanto, nel senso di una interpretazione conforme alla ricostruzione offerta dalla Corte di giustizia dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, senza che a ciò potesse ostare neppure l’esigenza di adattare il criterio di calcolo della riduzione alla peculiarità dei costi up-front, avendo la direttiva armonizzato solo il metodo della riduzione, ma non anche il profilo sopra richiamato.
10.– All’esito di tale complessa vicenda, il legislatore, in sede di conversione del d.l. n. 73 del 2021 nella legge n. 106 del 2021, ha introdotto l’art. 11-octies, il cui comma 2 è censurato nel presente giudizio.
In particolare, il comma 1, lettera c), del citato articolo ha sostituito l’art. 125-sexies t.u. bancario, introducendo le seguenti modifiche.
È stata riformulata la seconda parte del comma 1 con la previsione che il consumatore, in caso di rimborso anticipato, «ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte».
Sono stati poi aggiunti un nuovo comma 2, che regola i criteri di riduzione degli interessi e dei costi, e un nuovo comma 3, che disciplina il diritto di regresso, derogabile in via convenzionale, del finanziatore nei confronti dell’intermediario del credito.
È rimasta, invece, immutata la disciplina relativa al diritto all’equo indennizzo a favore del finanziatore, in caso di rimborso anticipato del credito, che è stata semplicemente traslata nei nuovi commi 4 e 5 dell’art. 125-sexies t.u. bancario.
Inoltre, con il comma 2 dell’art. 11-octies, è stata introdotta la disciplina censurata nel presente giudizio, secondo la quale «[l’]articolo 125-sexies del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, come sostituito dal comma 1, lettera c), del presente articolo, si applica ai contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti».
11.– Per poter, a questo punto, valutare se il censurato art. 11-octies, comma 2, appena richiamato, vìoli gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., occorre soffermarsi sul significato che riveste il rispetto dell’interpretazione fornita dalla sentenza della Corte di giustizia Lexitor, nel quadro dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
11.1.– Il dovere di attenersi a tali vincoli ricomprende – secondo la giurisprudenza costante di questa Corte – le sentenze rese dalla Corte di giustizia in sede interpretativa, in conformità al ruolo che l’art. 19, paragrafo 1, del Trattato sull’Unione europea assegna alla Corte di giustizia dell’Unione europea (di recente, sentenze n. 67 e n. 54 del 2022; ex multis sentenze n. 227 del 2010, n. 285 del 1993, n. 389 del 1989 e n. 113 del 1985, nonché ordinanze n. 255 del 1999 e n. 132 del 1990; e ciò vale anche per le sentenze della Corte di giustizia che dichiarano l’invalidità di un atto dell’Unione: sul punto la sentenza n. 232 del 1989).
Se, dunque, le sentenze adottate in via pregiudiziale compongono il quadro dei parametri sovranazionali che, attraverso il filtro degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., consentono a questa Corte di esercitare il vaglio di costituzionalità, è la stessa Corte di giustizia, nel suo ruolo di interprete qualificato del diritto dell’Unione europea, a chiarire che la «sentenza pregiudiziale ha valore non costitutivo bensì puramente dichiarativo, con la conseguenza che i suoi effetti risalgono, in linea di principio, alla data di entrata in vigore della norma interpretata» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 16 gennaio 2014, in causa C-429/12, Pohl, punto 30 e le sentenze ivi citate, nonché, di seguito, ex multis, 10 marzo 2022, in causa C-177/20, Grossmania, punto 41; 20 dicembre 2017, in causa C-516/16, Erzeugerorganisation Tiefkuhlgemuse eGen (da ora: ETG), punto 88; 28 gennaio 2015, in causa C-417/13, Starjakob, punto 63).
Ne deriva che «[s]olo in via del tutto eccezionale la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto intrinseco all’ordinamento giuridico dell’Unione, può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenze 20 dicembre 2017, in causa C-516/16, ETG, punto 89, 27 febbraio 2014, in causa C-82/12, Transportes Jordi Besora SL, punto 41; 12 ottobre 2000, in causa C-372/98, The Queen, punto 42; nello stesso senso sentenze 17 dicembre 2015, in causa C-25/14, Union des syndicats de l’immobilier (UNIS), punto 50; 8 aprile 1976, in causa 43/75, Defrenne, punti 71-75).
In ogni caso, «spetta solo alla Corte, alla luce dell’esigenza fondamentale dell’applicazione uniforme e generale del diritto dell’Unione, decidere sulle limitazioni nel tempo da apportare all’interpretazione che essa fornisce» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 21 dicembre 2016, in cause riunite C 154/15, C 307/15 e C 308/15, Gutiérrez Naranjo e altri, punto 70; nello stesso senso, sentenze 6 marzo 2007, in causa C-292/04, Meilicke e altri, punto 37; 28 settembre 1994, in causa C-57/93, Vroege, punto 31; 2 febbraio 1988, in causa 309/85, Barra e altri, punto 13; 27 marzo 1980, in causa 61/79, Amministrazione delle finanze dello Stato, punto 18). E la Corte di giustizia può farlo esclusivamente «nella sentenza stessa che statuisce sull’interpretazione richiesta», a garanzia della «parità di trattamento degli Stati membri e degli altri soggetti dell’ordinamento nei confronti di tale diritto», nonché nel rispetto degli «obblighi derivanti dal principio della certezza del diritto» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 6 marzo 2007, in causa C-292/04, Meilicke e altri, punto 37).
In definitiva, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, la modulazione degli effetti temporali di una sentenza che decide su un rinvio pregiudiziale può essere disposta esclusivamente dalla medesima Corte e solo nell’ambito della stessa pronuncia.
11.2.– Poiché, dunque, la Corte di giustizia ritiene di non poter limitare a posteriori l’efficacia temporale di una propria pregressa interpretazione, a fortiori, sempre secondo la citata Corte, non è consentita una modulazione temporale dei suoi effetti da parte dei singoli Stati membri, tanto più in presenza di una direttiva che dà luogo, salvo espresse deroghe, a una armonizzazione piena.
Gli Stati membri, dunque, da un lato, possono, nel dare attuazione a una direttiva, stabilire termini di prescrizione o di decadenza per l’esercizio dei diritti riconosciuti dall’Unione, purché siano rispettati i principi di effettività e di equivalenza (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenze 12 dicembre 2013, in causa C-362/12, Test Claimants, punti 30-33 e 44-45; 6 ottobre 2009, in causa C-40/08, Asturcom Telecomunicaciones, punto 41; 11 luglio 2002, in causa C-62/00, Marks & Spencer, punti 35 e 36; 17 aprile 1998, in causa C-228/96, Aprile, punti 19 e 20).
Da un altro lato, in presenza di un rinvio pregiudiziale che sollecita la Corte di giustizia a fornire un chiarimento interpretativo, gli Stati membri possono far valere le ragioni a sostegno di una modulazione temporale degli effetti della pronuncia – ossia «la buona fede degli ambienti interessati» e il «rischio di gravi ripercussioni economiche» (Corte giustizia dell’Unione europea, sentenza 20 dicembre 2017, in causa C-516/16, ETG, punti 89 e 91) – con lo stesso rinvio pregiudiziale o producendo osservazioni nel corso del relativo giudizio.
12.– Chiarita la portata dei vincoli derivanti dalla sentenza Lexitor, che è stata pronunciata dalla Corte di giustizia in sede di rinvio pregiudiziale, senza che fosse disposta alcuna modulazione temporale dei suoi effetti, si può ora procedere all’esame della norma censurata.
Il legislatore – come anticipato – ha sostituito, con l’art. 11-octies, comma 1, lettera c), del d.l. n. 73 del 2021, come convertito nella legge n. 106 del 2021, il precedente art. 125-sexies t.u., bancario, riformulando il comma 1 in termini strettamente fedeli alla sentenza Lexitor. Di seguito, con il comma 2, ha limitato l’applicazione della nuova disposizione ai contratti conclusi dopo l’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021, mentre per quelli conclusi precedentemente ha stabilito che «continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti».
12.1.– Fra gli indici ermeneutici che evidenziano l’intento del legislatore e il senso della disposizione censurata, quello maggiormente rivelatore è costituito dalla scelta di associare, alla disciplina antecedente sui rimborsi anticipati, che continua a operare per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della nuova legge, il richiamo alle norme secondarie vigenti alla data di sottoscrizione dei contratti, richiamo che non è, invece, previsto in relazione alla nuova formulazione della disposizione, la quale ha inteso rendere esplicita la conformità alla sentenza Lexitor.
Ebbene, il contesto oggettivo del rimando alle norme secondarie, che opera solo in rapporto al precedente art. 125-sexies t.u. bancario, e la sua delimitazione temporale, circoscritta alle norme secondarie vigenti al momento della conclusione dei contratti – quelli per i quali resta in vigore la formulazione antecedente dell’art. 125-sexies – guidano con precisione verso le norme secondarie che il legislatore del 2021 ha inteso richiamare.
Il riferimento è alle norme regolamentari di trasparenza e di vigilanza operanti fra l’entrata in vigore del d.lgs. n. 141 del 2010, che ha introdotto il pregresso art. 125-sexies t.u. bancario, e l’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021, vale a dire le disposizioni che il 9 febbraio 2011 hanno emendato quelle approvate il 29 luglio 2009 (punto 9.3.).
All’interno di esse, si rinvengono, quali norme pertinenti rispetto all’art. 125-sexies, tali cioè da giustificare un loro richiamo nello specifico contesto, quelle che si occupano del profilo della riduzione del costo totale del credito in conseguenza del rimborso anticipato. Si tratta, dunque, da un lato, delle norme che esplicitano che il diritto alla riduzione si riferisce ai costi recurring (Sezione VII) e, da un altro lato, delle norme che si soffermano sull’esigenza che siano quantificati «in maniera chiara, dettagliata e inequivoca gli oneri che maturano nel corso del rapporto», precisandosi che debbano essere restituiti al consumatore, in caso di estinzione anticipata, solo quelli non maturati, il che costringe a fare riferimento alla mera ipotesi in cui il consumatore abbia corrisposto anticipatamente costi non maturati (Sezioni VII-bis e XI).
Né vale rilevare – come sostiene l’Avvocatura dello Stato – che la stessa Banca d’Italia, dopo la sentenza Lexitor, si sarebbe conformata alle indicazioni della Corte di giustizia con le «linee orientative» del 4 dicembre 2019.
In primo luogo, si tratta di un atto della Banca d’Italia che non contiene disposizioni precettive in materia di trasparenza e di vigilanza, suscettibili di essere evocate dall’art. 11-octies, comma 2, in quanto le sue previsioni non hanno integrato o emendato i precedenti provvedimenti pubblicati in Gazzetta Ufficiale. Lo ha chiarito, del resto, la stessa Banca d’Italia con la successiva comunicazione del 1° dicembre 2021, dove precisa «che le proprie “linee orientative” del 4 dicembre 2019 siano da considerare superate dal disposto della nuova previsione di legge (che non richiama, in alcun modo, le menzionate “linee orientative”)».
In secondo luogo, anche supponendo che tali linee guida siano implicitamente richiamate, questo non salverebbe la correttezza del rinvio, in quanto quelle stesse linee guida fanno riferimento solo «ai nuovi contratti di credito ai consumatori», mentre la sentenza Lexitor impone un adeguamento interpretativo anche per i contratti conclusi prima del 2019.
In sostanza, le norme secondarie della Banca d’Italia richiamate dall’art. 11-octies, comma 2, avallano l’interpretazione del precedente art. 125-sexies, comma 1, riferito unicamente ai costi recurring, e valorizzano la funzione dei doveri di trasparenza, vòlti a segnalare i soli costi rimborsabili. E questo, a dispetto dell’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia, che non ha voluto lasciare alla mera trasparenza la tutela dei consumatori, ritenendo il rischio di abusi nei loro confronti tale da richiedere una protezione sostanziale ed effettiva, attraverso la riduzione proporzionale di tutti i costi del credito, strumento che opera a prescindere dal rispetto dei citati doveri.
In definitiva, attraverso il rinvio a precise norme regolamentari contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia, rinvio che si specifica in relazione a un duplice parametro, temporale e oggettivo, risulta univoco l’intento del legislatore di fissare per il passato un contenuto della norma circoscritto alla interpretazione antecedente alla sentenza Lexitor e che si discosta dai contenuti della citata pronuncia.
Tale risultato è conseguito con una tecnica che questa Corte – sia pure al diverso fine di ammettere la sindacabilità delle norme subprimarie – ha qualificato in termini di completamento prescrittivo della norma primaria (sentenze n. 3 del 2019, n. 200 del 2018, n. 178 del 2015 e n. 1104 del 1988).
Già in passato questa Corte ha, infatti, esaminato norme costituite dal combinato disposto della norma primaria e di quella subprimaria, nei casi in cui la prima risultasse «in concreto applicabile attraverso le specificazioni formulate nella fonte secondaria» (sentenza n. 1104 del 1988; nello stesso senso sentenze n. 200 del 2018 e n. 178 del 2015).
La norma oggetto dell’odierna censura si colloca, dunque, dentro questa cornice, con la particolarità che, nel caso in esame, è una disposizione primaria successiva a integrare il contenuto normativo di una disposizione primaria precedente mediante il rinvio a norme di rango secondario. Posto, infatti, che queste ultime – in ragione della loro delimitazione temporale e oggettiva – cristallizzano una determinata interpretazione del precedente art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, il dovere di applicare, al contempo, il citato articolo e tali norme secondarie equivale ad attribuire per legge alla precedente formulazione dell’art. 125-sexies, rimasta in vigore in virtù dell’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, il solo significato compatibile con il rispetto delle norme secondarie. Così facendo, la previsione censurata impone per legge un contenuto normativo riferibile alla disposizione di cui al pregresso art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, difforme da quanto statuito nella sentenza Lexitor.
12.2.– La conclusione, cui si è ora pervenuti, conferma la correttezza di quanto assunto dal rimettente, vale a dire l’impossibilità – dopo l’intervento legislativo del 2021 – di accedere a una interpretazione conforme al diritto dell’Unione, come interpretato nella sentenza Lexitor, del precedente art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, che resta in vigore per i contratti conclusi prima del 25 luglio 2021, in ragione dell’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito.
Parimenti deve condividersi la tesi del rimettente, secondo cui sarebbe impossibile interpretare l’intero art. 11-octies, comma 2, in senso conforme alla pronuncia della Corte di giustizia, – come invece hanno tentato di fare pochi tribunali di merito – riferendo la irretroattività prevista dalla disposizione censurata ai soli nuovi commi 2 e 3 del riformato art. 125-sexies t.u. bancario. Se, infatti, può sostenersi – come si dirà (punti 12.3.3. e 14.2.) – la divergenza formale ma non sostanziale fra il vecchio e il nuovo art. 125-sexies, comma 1, non si può ignorare che il comma 2 dell’art. 11-octies, con il suo peculiare riferimento alle norme secondarie, circoscrive il contenuto del precedente art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario a un significato incompatibile con la sentenza Lexitor (punto 12.1.).
12.3.– Si delinea, a questo punto, il senso dell’intervento operato dal legislatore in sede di conversione del d.l. n. 73 del 2021.
12.3.1.– Il legislatore ha voluto proteggere l’affidamento che ha ritenuto ingenerato, nei finanziatori e negli intermediari, dall’interpretazione, che era stata data prima della sentenza Lexitor alla precedente formulazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario e che era stata avallata dalle norme secondarie adottate dalla Banca d’Italia. Peraltro, ha inteso tutelare finanche chi avesse concluso il contratto dopo la pubblicazione della sentenza Lexitor.
Non sembra, viceversa, che il legislatore abbia ritenuto che un affidamento fosse stato ingenerato solo dal dato testuale della precedente formulazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario.
Se così fosse stato, se cioè tale disposizione avesse avuto un contenuto univoco, nel senso della possibile riduzione dei soli costi recurring, il legislatore non avrebbe dovuto precisare che per il passato continuava a operare la disposizione antecedente la novella, unitamente al contestuale doveroso rispetto delle norme secondarie, che cristallizzavano il riferimento alla riduzione dei soli costi recurring.
12.3.2.– In ogni caso, si deve confutare la tesi che vorrebbe affermare la netta divergenza del dato testuale del vecchio art. 125-sexies da quello dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, deducendone l’impossibilità di recepire il contenuto prospettato dalla sentenza Lexitor.
Innanzitutto, la distinzione fra il testo dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva e quello del precedente art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, pur essendo non del tutto marginale, non era (e non è) tale da far escludere una loro sostanziale corrispondenza.
Se è vero, infatti, che l’espressione riduzione «che comprende gli interessi e i costi» è più lata rispetto alla formula che parla di una riduzione «pari agli interessi e ai costi», tuttavia, il perno dell’interpretazione della disposizione risiede, a ben vedere, in altri indici testuali.
Sono, a tal riguardo, decisivi, da un lato, il paradigma cui è riferita la riduzione, vale a dire «il costo totale del credito», e, da un altro lato, la nozione di «costi dovuti per la durata residua del contratto».
In particolare, la preposizione «per» può riferirsi tanto ai costi dovuti «lungo» la durata del contratto, i soli costi cosiddetti recurring, quanto ai costi dovuti «in funzione della» durata del contratto, il che evoca la misura della riduzione. Questo secondo, possibile significato della preposizione collima, del resto, con il paradigma cui si riferisce la riduzione, che è dato dal costo totale del credito, poiché in tanto si giustifica tale richiamo, in quanto tutti i costi siano riducibili e lo siano, dunque, in funzione della durata residua del contratto, che diviene la misura della riduzione proporzionale. Del resto, proprio il riferimento al costo totale del credito ha rivestito un ruolo decisivo nell’interpretazione fornita dalla sentenza Lexitor.
12.4.– Si deve allora concludere che, prima dell’intervento legislativo del 2021, l’interpretazione conforme alla sentenza Lexitor, sostenuta dall’ABF e dalla giurisprudenza di merito, non fosse contra legem e fosse, oltre che possibile, doverosa rispetto a quanto deciso dalla Corte di giustizia.
Quest’ultima, se riconosce quali limiti all’adeguamento in via ermeneutica al diritto dell’Unione europea, oltre all’interpretazione contra legem, il rispetto dei principi generali del diritto (di recente, sentenze 18 gennaio 2022, in causa C-261/20, Thelen, punto 28, e 7 agosto 2018, in causa C-122/17, David Smith, punto 40, e sentenze ivi richiamate), in pari tempo, chiarisce che il giudice nazionale non può sottrarsi al citato obbligo di interpretazione conforme «per il solo fatto di aver costantemente interpretato [una] disposizione in un senso che è incompatibile» con il diritto dell’Unione europea, come interpretato dalla Corte di giustizia» (sentenza 19 aprile 2016, in causa C-441/14, Dansk Industri, punto 34). Di conseguenza, non possono «i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento […] rimettere in discussione tale obbligo» (sentenza 19 aprile 2016, in causa C-441/14, Dansk Industri, punto 43), né può il giudice operare una limitazione nel tempo degli effetti della pronuncia interpretativa (come precisa la sentenza 21 dicembre 2016, in cause riunite C 154/15, C 307/15 e C 308/15, Gutiérrez Naranjo e altri, punto 70, che ivi cita sentenza 2 febbraio 1988, in causa 309/85, Barra e altri, punto 13).
Ne discende che il legislatore del 2021, prevedendo una disposizione (l’art. 11-octies, comma 2) che cristallizza il contenuto normativo dell’originaria formulazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, in senso difforme rispetto al contenuto della sentenza Lexitor, così inibendo l’interpretazione conforme al diritto dell’Unione europea, ha integrato un inadempimento agli obblighi «derivanti dall’ordinamento comunitario» (art. 117, primo comma, Cost.).
13.– Acclarato il parziale inadempimento sopravvenuto in cui è incorso il legislatore statale, non vale obiettare – come si legge nelle difese di V. spa – che il solo rimedio per tale inadempimento sia costituito dalla responsabilità civile dello Stato (secondo l’insegnamento della Corte di giustizia a partire dalla sentenza 5 marzo 1996, nelle cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame, punti 46 e 47; ribadito poi da numerose sentenze, da ultimo, 25 gennaio 2022, in causa C-181/20, Vysočina Wind a.s., punto 69; 8 luglio 2021, in causa C-120/20, Koleje Mazowieckie – KM sp. z o.o., punto 61; 19 dicembre 2019, in causa C-752/18, Deutsche Umwelthilfe eV, punto 54).
Vero è che, rispetto alla disposizione censurata, introdotta nel 2021, va escluso il ricorso, oltre che all’interpretazione conforme, anche al rimedio della non applicazione, in quanto l’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE non ha effetto diretto in controversie orizzontali, il che impedisce al giudice di non applicare la disposizione di diritto interno da esso divergente. E non può negarsi che, se l’antinomia fra ordinamento nazionale e direttiva non può essere ricomposta mediante il ricorso all’interpretazione conforme, né ricorrendo alla non applicazione della norma nazionale – trattandosi di una controversia orizzontale –, i soggetti privati lesi non potranno che avvalersi della responsabilità civile dello Stato per inadempimento commissivo, ossia per inesatta attuazione della direttiva.
Nondimeno, si colloca su tutt’altro piano l’iniziativa del giudice che sollevi dinanzi a questa Corte questioni di legittimità costituzionale, lamentando, proprio in presenza di norme prive di efficacia diretta e stante l’impossibilità di procedere all’interpretazione conforme, la violazione dell’obbligo del legislatore di rispettare i vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
In virtù degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., questa Corte è, infatti, garante del rispetto di tali vincoli e, pertanto, deve dichiarare l’illegittimità costituzionale di una norma che contrasta con il contenuto di una direttiva, come interpretata dalla Corte di giustizia in sede di rinvio pregiudiziale, con una sentenza dotata di efficacia retroattiva. «[I]n caso di contrasto con una norma comunitaria priva di efficacia diretta […] e nell’impossibilità di risolvere il contrasto in via interpretativa» – si legge in una fra le tante analoghe pronunce di questa Corte – «il giudice comune deve sollevare la questione di legittimità costituzionale, spettando poi a questa Corte valutare l’esistenza di un contrasto insanabile in via interpretativa e, eventualmente, annullare la legge incompatibile con il diritto comunitario (nello stesso senso sentenze n. 284 del 2007, n. 28 e n. 227 del 2010 e n. 75 del 2012)» (ordinanza n. 207 del 2013; negli stessi termini sentenza n. 269 del 2017).
Questa Corte deve, dunque, assicurare il rispetto degli impegni assunti dallo Stato italiano nei confronti dell’Unione europea e deve, di conseguenza, tutelare gli interessi che la disciplina europea ha inteso proteggere: in questo caso, gli interessi del consumatore.
Né la pretesa tutela dell’affidamento dei finanziatori e degli intermediari nella versione italiana della direttiva può giustificare la violazione degli obblighi assunti dallo Stato nei riguardi dell’Unione.
Si è già sopra chiarito (punto 11.2.) che gli effetti temporali di una sentenza della Corte di giustizia possono essere modulati solo dalla stessa Corte, nella sentenza che si pronuncia sul rinvio pregiudiziale, eventualmente su sollecitazione del giudice che solleva il rinvio o degli Stati membri che ritengono di intervenire nel procedimento presentando osservazioni. E – come si è già anticipato – la Corte di giustizia non ha disposto una modulazione temporale e ha svolto una interpretazione che ha preso le mosse da un dato testuale contenuto in tutte le traduzioni del paragrafo 1 dell’art. 16, vale a dire il riferimento alla riduzione del costo totale del credito.
Se, invece, – come si è sopra ritenuto (punto 12.3.1.) – l’affidamento che il legislatore ha inteso proteggere è stato quello ingenerato dalla formulazione della norma di attuazione e, in specie, dalla sua interpretazione a livello nazionale, questo certamente non giustifica la violazione degli obblighi che lo Stato ha assunto verso l’Unione europea. Un intervento del legislatore a tutela dei titolari di tale affidamento non poteva (e non potrebbe) incidere sugli impegni assunti con l’Unione europea, né, di riflesso, pregiudicare gli interessi dei consumatori. In ogni caso, vanno anche rammentati i rilievi della Corte di giustizia, secondo la quale i concedenti il credito, da un lato, trovano una tutela nel diritto all’equo indennizzo per l’estinzione anticipata del credito, in base ai successivi paragrafi dell’art. 16 della direttiva (recepiti dal t.u. bancario all’art. 125-sexies commi 2 e 3, poi divenuti 4 e 5) e, da un altro lato, con l’incasso anticipato della somma erogata possono concludere un nuovo contratto di finanziamento.
14.– Vanno a questo punto precisati gli esatti termini dell’accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale sollevate sull’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.
14.1.– Il rimettente – come anticipato – prospetta in generale l’illegittimità costituzionale della citata disposizione, «nelle parti in cui: – prevede che alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti; [e] – limita ai contratti sottoscritti successivamente all’entrata in vigore della legge il principio, espresso nell’art. 16 par. 1 della direttiva 2008/48/Ce, come interpretata dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea in data 11 settembre 2019 C-383/18 e recepito nel novellato art. 125-sexies comma 1 TUB che “il consumatore che rimborsa anticipatamente, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte”».
L’ampia prospettazione delle questioni sollevate rispetto alla disposizione censurata deve essere, a questo punto, letta alla luce delle motivazioni esposte nell’ordinanza che, a ben vedere, incentra le censure su un preciso «elemento testuale», presente nel «secondo periodo del comma 2 dell’art. 11-octies, dove è previsto che alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima del 25 luglio 2021 “continuano ad applicarsi” non soltanto la disposizione previgente, ma anche “le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti”». Secondo l’ordinanza, sarebbe proprio il collegamento creato fra l’art. 125-sexies t.u. bancario e le norme secondarie individuate dalla disposizione censurata a segnare «una forte discontinuità tra passato e presente», impedendo di interpretare il precedente art. 125-sexies, comma 1, in conformità con la sentenza Lexitor e in continuità con la giurisprudenza che, dopo la pubblicazione della pronuncia della Corte di giustizia, si era adeguata all’interpretazione da questa prospettata.
Non a caso, il giudice a quo ritiene che «con l’art. 11-octies co. 2, lo Stato italiano [si sia] reso post factum deliberatamente inadempiente alla Direttiva, creando un caso-limite, nel quale l’autorità giudiziaria, usando gli strumenti ordinari di interpretazione, riconosciuti dall’ordinamento, non è più ragionevolmente in grado di interpretare l’art. 125-sexies TUB (ex d.lgs. 141/2010), come integrato dall’art. 11-octies co. 2 del dl 73/2021, in conformità alla corrispondente previsione della Direttiva, come interpretata dalla Corte di Giustizia».
Ma allora, posto che la precedente formulazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, tuttora vigente, in virtù dell’art. 11-sexies, comma 2, per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021, è – secondo questa Corte (punto 12.3.3.) – compatibile sul piano letterale con una interpretazione conforme alla sentenza Lexitor, tant’è che era stata già oggetto di tale adeguamento interpretativo, e posto che, sempre secondo questa Corte (punto 12.1.), il vulnus ai principi costituzionali censurati risiede proprio nel raccordo con le specifiche norme secondarie evocate dall’art. 11-octies, comma 2, le questioni di legittimità costituzionale possono essere accolte in linea con la prospettazione del giudice rimettente.
14.2.– La disposizione censurata deve, dunque, ritenersi costituzionalmente illegittima limitatamente alle parole «e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia», sicché l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, che resta vigente per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021, in virtù dell’art. 11-sexies, comma 2, può nuovamente accogliere il solo contenuto normativo conforme alla sentenza Lexitor.
L’eliminazione della citata parte di disposizione rimuove, pertanto, l’attrito con i vincoli imposti dall’adesione dell’Italia all’Unione europea.
Al contempo, il nuovo testo dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, introdotto con l’art. 11-octies, comma 1, lettera c), oltre a valere per il futuro, contribuisce a consolidare il contenuto normativo della precedente formulazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, in senso conforme alla sentenza Lexitor.
Benché, dunque, le due disposizioni non si sovrappongano sul piano testuale, le due norme corrispondono sul piano sostanziale.
Come i commi 4 e 5 del nuovo art. 125-sexies t.u. bancario presentano una diversa collocazione, ma coincidono nei contenuti con i vecchi commi 2 e 3 del medesimo articolo (mantenuto in vigore per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della nuova legge dall’art. 11-octies, comma 2), parimenti il comma 1 del nuovo art. 125-sexies t.u. bancario presenta una diversa formulazione testuale, ma un contenuto normativo corrispondente al comma 1 del precedente art. 125-sexies, anch’esso rimasto in vigore per il passato.
Quanto alle disposizioni introdotte con i commi 2 e 3 dell’art. 125-sexies riformulato nel 2021, esse non trovano riscontro nel precedente testo e, dunque, risultano vigenti per il futuro, spettando, di conseguenza, agli interpreti il compito di risolvere, per il passato, i profili di disciplina in esse regolati.
Infine, resteranno chiaramente applicabili tutte le norme secondarie richiamate dai numerosi rinvii operati dal testo unico bancario, con esclusione di quelle riferite alla vecchia interpretazione del precedente art. 125-sexies, comma 1.
15.– In conclusione, l’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, è costituzionalmente illegittimo limitatamente alle parole «e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia».

Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 11-octies, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali), convertito, con modificazioni, nella legge 23 luglio 2021, n. 106, limitatamente alle parole «e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia»;
2) dichiara inammissibile l’intervento spiegato da B. B. spa;
3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Torino, sezione prima civile, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 novembre 2022.

F.to:
Silvana SCIARRA, Presidente
Emanuela NAVARRETTA, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 22 dicembre 2022.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA

[ITALIANO] Il format televisivo: brevi cenni sulla giurisprudenza italiana e spagnola

(Articolo pubblicato in rivista Diritto & Diritti  – ISSN 1127-8579 – il 19 marzo 2013)


1.- Introduzione

Grazie alla globalizzazione ed alla rete telematica, alcuni format televisivi di successo, hanno avuto una rilevante diffusione planetaria.

Il programma d’intrattenimento Chi vuol essere milionario? sembra aver suscitato le stesse emozioni negli telespettatori italiani ed indiani, nonostante le diversità culturali. Il film Slumdog Milionarie ha perfettamente condensato questi sentimenti. Programmi come X factor, Ballando con le stelle, Cash cab (in Italia Cash Taxi) ed il famigerato Grande fratello hanno dimostrato che le barriere culturali possono essere superate dalla condivisione di un modello comune di spettacolo, anche se, sotto altro profilo, l’acquistare prodotti che sono in grado di garantire un certo risultato ai fini dell’audience finisce per impigrire la creatività delle emittenti televisive e delle società di produzione nazionali, capaci nel passato di grandi risultati, tutti italiani.

L’utilizzazione sempre più diffusa in Italia di format televisivi creati all’estero e che hanno riscosso un grande successo di pubblico in diversi paesi pone l’attenzione sull’esigenza di un’efficace tutela giuridica del format televisivo nell’ordinamento nazionale, vista la mancanza di una specifica normativa di protezione di questa peculiare forma di opera d’ingegno.

In particolare, in questa sede si intende evidenziare la tutela giuridica del format televisivo in Italia, con particolare riguardo all’evoluzione della giurisprudenza italiana in assenza di una specifica normativa posta a sua tutela, nonché tratteggiare un parallelo con la giurisprudenza spagnola. Lo scopo è quindi quello di evidenziare meglio le soluzioni prospettate dagli ordinamenti giuridici in questione.

2.- Il format televisivo nel diritto italiano

In occasione del convegno “Fiction TV: una grande opportunità” organizzato dalla Regione Lazio nel 2007, il presidente della S.I.A.E. (Società Italiana degli Autori e degli Editori) allora in carica ha dichiarato che “Il Format per il nostro ordinamento giuridico non vale nulla. Gli autori di Format non hanno protezione, chiunque può appropriarsene. Ci sono circa duecento interventi della magistratura che negano al Format una tutela giuridica1.

Con queste dure parole, l’avvocato Giorgio Assumma ha messo in evidenza un serio problema: la mancanza di una effettiva tutela giuridica del format televisivo nell’ordinamento italiano. Ma cos’è un format televisivo e perché non viene tutelato dal nostro ordinamento giuridico con una specifica normativa?. A questa domanda, cercheremo di dare una risposta.

La S.I.A.E. ha elaborato, alcuni anni fa, una definizione di format, definendolo “un’opera dell’ingegno avente struttura originale esplicativa di uno spettacolo e compiuta nell’articolazione delle sue fasi sequenziali e tematiche, idonea ad essere rappresentata in un’azione radiotelevisiva o teatrale, immediatamente o attraverso interventi di adattamento o di elaborazione o di trasposizione, anche in vista della creazione di multipli. Ai fini della tutela, l’opera deve comunque presentare i seguenti elementi qualificanti: titolo, struttura narrativa di base, apparato scenico e personaggi fissi2.

Tale definizione è stata poi ripresa anche dall’Autorità per la Garanzia nelle Comunicazioni in due diverse delibere: la n° 699/01/CSP del 20013 e la n° 60/09/CSP del 20094. Anche la Cassazione l’ha fatta propria in una nota sentenza5.

Orbene, la definizione elaborata dalla S.I.A.E. non è però sufficiente per individuare pienamente il format televisivo ai fini di una sua a effettiva tutela giuridica. Poiché la legge sul diritto d’autore nulla dispone in merito ai format televisivi e la S.I.A.E. si è spinta fino a definirli come “opere dell’ingegno”, vi è certamente un deficit normativo. Di fronte a tale lacuna, la giurisprudenza – con riferimento al format – è partita dal principio che l’idea come tale non possa essere protetta quale opera dell’ingegno. Per ottenere una protezione giuridica è necessario che tale idea venga manifestata in modo nuovo e creativo, cosicché la sua forma possa essere tutelata: il diritto d’autore, quindi, tende a tutelare questo modo “creativo” in cui l’idea viene manifestata6. Di conseguenza, la giurisprudenza ha tutelato la manifestazione di una “idea creativa ed originale” che si cela dietro il programma televisivo piuttosto che il format televisivo.

In questo senso, il Tribunale di Roma nel 20007, ha escluso la protezione di diritto d’autore per un format televisivo privo di “elementi di originalità e creatività e carente di espressione formale” e ancora, successivamente, anche il Tribunale di Cagliari8 nel 2007 si è pronunciato adducendo che “Lo schema di programma televisivo, c.d. “format”, è tutelato dal diritto d’autore solo nel caso in cui esso consista in un’idea elaborata dotata di creatività e originalità”.

La Cassazione, in tema di diritto d’autore relativo a programmi televisivi, ha sancito nel 2011 che “(…) al fine di stabilire se un “format” integri gli estremi dell’opera dell’ingegno protetta dal diritto di esclusiva, è necessario, in particolare quando si tratti di un’opera caratterizzata da uno sviluppo narrativo diacronico, articolata in una successione di episodi, che vi sia una struttura programmatica dotata di un grado minimo di elaborazione creativa, la quale sia caratterizzata dall’individuazione iniziale almeno degli elementi strutturali della vicenda, quali l’ ambientazione nel tempo e nello spazio, i personaggi principali, il loro carattere e il filo conduttore della narrazione9.

Il concetto giuridico di creatività cui fa riferimento l’articolo 1 della Legge 22 aprile 1941, n° 633, secondo la Suprema Corte non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, atteso che ciò che conta, ai fini della violazione dell’esclusiva, è che i tratti essenziali caratterizzanti l’opera anteriore siano riconoscibili nell’opera successiva, secondo un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, sindacabile in sede di legittimità solo per vizio della motivazione. Ne consegue che non sussiste alcuna contraffazione quando la ripresa del “format” (da intendersi come il canovaccio di uno spettacolo, in cui si inseriscono improvvisazioni costituite dalle prestazioni dei partecipanti ad esso, costituito da un titolo, una struttura narrativa di base, un apparato scenico e personaggi fissi) si esplichi mediante la sola riproduzione di particolari non significativi o già noti o che costituiscano semplici idee diversamente rappresentante, cioè di elementi secondari o di dettaglio10.

Molto interessante è tuttavia evidenziare come in un decennio la giurisprudenza abbia dilatato la nozione degli “elementi di originalità e creatività e di espressione formale” posti a fondamento della tutela dell’opera di ingegno finendo per attribuire tutela al format proprio ai sensi della Legge 22 aprile 1941, n° 633 e dell’articolo 2598 del codice civile. Infatti nella recente ordinanza del Tribunale di Roma del 21 ottobre 2011, relativa ad una disputa avente ad oggetto la tutelabilità di un’opera (programma televisivo) che si assumeva plagiata, la realizzazione del plagio e la sussistenza dei presupposti per adottare una tutela ex articolo 2598 del codice civile sorta tra gli autori, la produttrice e l’emittente del programma “Ballando con le stelle” e gli autori, la produttrice e l’emittente del programma “Baila”, il Collegio ha chiarito – in sede di reclamo, ribadendo quanto già espresso dal medesimo Ufficio in composizione monocratica – che il programma “Ballando con le stelle” risultava essere tutelabile in quanto “le opere audiovisive vengono comprese nella nozione di opera cinematografica alla quale sono assimilate; … ai fini della tutela autoriale del soggetto televisivo è sufficiente una soglia minima di complessità espressiva” e nel caso di specie “l’impianto complessivo dell’opera, lo spunto narrativo, l’ambientazione, la scelta e il sistema di presentazione dei personaggi, anche tramite la visione dei filmati, l’indagine sulle interazioni tra i partecipanti, le scenografie, il ritmo impresso alle sequenze sceniche e gli snodi narrativi evidenzino un’elaborazione originale e personale dell’autore, che pur utilizzando una serie di elementi e contenuti già noti e utilizzati in altri programmi, ha trovato uno spunto di originalità nelle modalità di assemblaggio”.

E’ quindi evidente che con tale provvedimento si potrebbe ritenere avviata una tutela giurisprudenziale, ai sensi della Legge 22 aprile 1941, n° 633, del format televisivo che “presenti elementi sufficienti di originalità e di creatività con riferimento alla struttura narrativa, allo stile di narrazione, alla presentazione dei contesti e dei contenuti, alla selezione dei personaggi, tale da costituire un’elaborazione originale”. Non resta che attendere per verificare se, in assenza dell’atteso intervento del legislatore, l’interpretazione sopra riportata verrà confermata dalla successiva giurisprudenza di merito e di legittimità, consentendo in tal modo di dare fiducia alle imprese del settore televisivo, anche quelle minori, per investire anche sulla creazione di nuovi format.

3.- Il format televisivo nel diritto spagnolo

Il diritto d’autore in Spagna si configura come un diritto unitario che permette ai terzi di avvalersi anche del diritto di riproduzione, di comunicazione, di distribuzione e di trasformazione. Il diritto d’autore così com’è strutturato dall’ordinamento ispanico ha come oggetto l’opera. La legge spagnola stabilisce che sono oggetto di proprietà intellettuale tutte le creazioni originali letterarie, artistiche o scientifiche espresse attraverso qualunque mezzo o supporto, tangibile od intangibile, attualmente conosciuto o che sarà inventato in futuro. Fra le opere incluse dall’articolo 10 della Legge sulla proprietà intellettuale vi sono anche le opere cinematografiche nonché ogni altra opera audiovisiva11.

La dottrina spagnola (Espín Cánovas), seguendo l’approccio della dottrina italiana, esclude che la sola idea, anche se originale, sia passibile di tutela in quanto mera opera dell’ingegno. Tale orientamento è confermato anche dalla giurisprudenza spagnola per cui le semplici idee astratte del pensiero umano non possono essere protette dal diritto d’autore. Le idee devono essere strutturate in maniera “formale” ed essere messe per scritto per poter godere di una relativa tutela12.

Secondo il Tribunale Supremo Spagnolo le opere devono essere originali dato che le idee possono essere o non essere importanti: “rilevante è la forma originale della loro espressione13.

In una risoluzione emessa il 24 giugno 2004, relativa alla controversia Meeting Ibérica contro Axel Spinger, il Tribunale Supremo ha ribadito tale orientamento evidenziando che il presupposto primordiale perché una creazione umana possa essere considerata opera tutelabile è l’originalità, vale a dire, l’aver creato qualcosa di nuovo che prima non esisteva. La creazione deve essere una “novità oggettiva”, requisito propedeutico al suo riconoscimento ex articolo 10 della Legge sulla proprietà intellettuale. Contrariamente, non sarà tutelato tutto ciò che sia divenuto, nel frattempo, patrimonio comune e di pubblico dominio14.

Se da una parte è sostanzialmente vero che il format televisivo non rientra nell’ambito della protezione sopra delineata, dall’altra parte è altrettanto vero che esso venga considerato dal giudice spagnolo come una “creazione originale dell’essere umano espressa attraverso un mezzo o supporto materiali od immateriali” e così rientrare de plano nella definizione ex articolo 10 della più volte citata legge sulla proprietà intellettuale.

La giurisprudenza spagnola, difatti, ha chiarito che il format televisivo può essere considerato come “opera dell’ingegno” se contiene una descrizione della struttura del programma, o meglio, se comprende al suo interno una sequenza preordinata di azioni, interventi, avvenimenti ed eventi organizzati. Tali contenuti devono tuttavia essere suscettibili di ricreare, attraverso l’esecuzione tecnica, una o più rappresentazioni unitarie dirette ad un determinato pubblico. Il format televisivo deve, inoltre, specificare le caratteristiche intrinseche dei personaggi, della sceneggiatura, eccetera. Perciò, le semplici e generiche concezioni riguardanti un programma di televisione non potranno essere considerate opere. La protezione che discende dalle disposizioni sulla proprietà intellettuale dipende, in gran parte, dal grado di astrazione dell’idea. Il punto più elevato dell’astrazione dell’idea sarà il “luogo comune” e nella misura in cui si riduce il livello di astrazione possono ottenersi formulazioni elaborate e suscettibili di essere protette dalla proprietà intellettuale15.

In una recentissima sentenza il format televisivo è stato definito come “un’opera dell’ingegno umano che incorpora una struttura o forma originale, costituita da una predeterminata unione o sequenza di elementi che, costituendo lo scheletro di un programma televisivo, sia quest’ultimo un magazine, un game show, un talk show, un quiz show, permetto la sua messa in scena, così come la sua individualizzazione rispetto ad altri formati del suo stesso genero16.

La sentenza spiega per di più che il format televisivo “costituisce il manuale d’istruzioni o la ricetta per la produzione di una opera audiovisiva” e che viene immesso nel sistema giuridico “onde sfruttare i diritti derivanti dalla vendita o licenza dello stesso ai produttori e distributori”.

La giurisprudenza ispanica però non si limita soltanto ad applicare le norme concernenti la proprietà intellettuale. In una nota sentenza, il Tribunale Commerciale n° 6 di Madrid, ha deciso di estendere al format televisivo le garanzie previste in materia di concorrenza sleale17. Il Tribunale, dopo aver accertato il plagio di un format televisivo, ha condannato una emittente nazionale ad interrompere la trasmissione del format plagiato riconoscendo alla televisione locale un congruo risarcimento.

Tra le varie iniziative poste a tutela dei format, è importante segnalare che la Academia de las Ciencias y las Artes de Televisión ha istituito (maggio 2011) un registro per i format televisivi il quale, pur non avendo natura di registro pubblico, ha la funzione di tutelare gli autori dei format di nuova creazione. Anteriormente era diffusa la prassi dell’autenticazione delle opere per via notarile, per ovviare ai non infrequenti casi di diniego di registrazione nel Registro Spagnolo della Proprietà Intellettuale. Il notaio si limitava ad autenticare scritture private o rogare atti pubblici contenenti i dati dell’autore, la data e l’ora del deposito dell’opera e questo sistema consentiva all’autore di poter dimostrare la paternità e la data certa dell’opera, senza rischiare di vedersi rifiutare la sua registrazione nel Registro Spagnolo della Proprietà Intellettuale per mancanza di originalità. In particolare, i format televisivi molte volte sono stati giudicati inidonei a comunicare idee o conoscenze nuove od originali e per tale motivo è stata loro negata la registrazione. Per arginare le conseguenze del diniego di registrazione, gli autori erano costretti, prima della istituzione del “registro dei format”, a registrare i copioni delle serie e dei programmi come se fossero state opere letterarie ovvero, alternativamente, a ricorrere all’autenticazione dell’opera da parte di un notaio.

Infine, si segnala un’ultima iniziativa posta a tutela del format, che si pone come una valida alternativa al “registro dei format” della Academia de las Ciencias y las Artes de Televisión: a dicembre 2012, l’Entidad de Gestión de Derechos de los Productos Audiovisuales (EGEDA), ente autorizzato dal Ministero dei Beni Culturali che gestisce, rappresenta e difende in tutto il territorio spagnolo gli interessi dei produttori audiovisivi, in collaborazione con il Colegio de Registradores de España (registro dei beni mobili), ha creato il primo registro “on-line” di opere, registrazioni audiovisive, format televisivi e copioni che consente di autenticare la proprietà intellettuale e proteggere i diritti d’autore. Il registro “on-line” consente ad ogni autore di autocertificare l’opera attraverso la cosiddetta “prueba de autoría sólida”, salvando il suo contenuto telematicamente ed inserendola nei registri dei beni mobili.

A differenza dell’Italia, quindi, in Spagna si sono registrate interessanti iniziative, sia della pubblica Amministrazione sia degli enti privati di settore, dirette alla creazione di strumenti alternativi di protezione dei diritti sui prodotti audiovisivi, ed in particolare dei format, al fine di superare la mancanza di una specifica tutela normativa. Riepilogando, infine, se la legge spagnola non fornisce una specifica tutela al format televisivo, se non in quanto opera audiovisiva, la giurisprudenza ha realizzato di fatto una tutela per il format televisivo solo se sussistono particolari requisiti, quali ad esempio, la struttura o forma originale dell’opera e la predeterminata unione di sequenze e di elementi che permettono la sua messa in scena, dimostrandosi comunque molto selettiva nel valutarne l’originalità.

4- Conclusioni:

Sebbene non esista una definizione legale di format nell’ordinamento italiano come quello spagnolo e non vi sia in entrambi gli ordinamenti giuridici una tutela legale ad hoc, la giurisprudenza sia italiana sia spagnola hanno cercato di colmare il vuoto legislativo, applicando al format televisivo, quale opera d’ingegno audiovisiva, le garanzie previste in materia di concorrenza sleale.

Resta indiscutibile, anche al fine di garantire la massima tutela agli operatori commerciali che nell’utilizzo dei format per la realizzazioni di programmi televisivi investono ingenti capitali, l’urgenza di un intervento legislativo in entrambi gli ordinamenti nazionali volto a regolamentare finalmente questa peculiare categoria dell’opera di ingegno.

Marco Sbrocca

Francesco G. Leone

NOTE:

1.- “La S.I.A.E. per progetto di legge sul format”. Notiziario della SIAE. Roma, 5 luglio 2007. [On line] Url: http://www.siae.it. Consultato il 11 magio 2012.

2.- Bollettino della SIAE, 1994, p. 546.

3.- Consultazione pubblica concernente il contenuto del provvedimento relativo alla determinazione dei criteri di attribuzione delle quote di diritti residuali derivanti dalla limitazione temporale dei diritti di utilizzazione televisiva acquisiti dagli operatori radiotelevisivi a norma dell’art. 2, comma 4, della Legge 30 aprile 1998, n° 122. (Deliberazione n° 600/01/CSP). Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 13 dicembre 2001, n° 289. Al punto 2, sub 1, e) si legge “per i format intesi come produzioni aventi struttura originale esplicativa di uno spettacolo e compiuta nell’articolazione delle sue fasi sequenziali e tecniche, idonee ad essere rappresentate in un’azione radiotelevisiva o teatrale, immediatamente o attraverso interventi di adattamento o di elaborazione o di trasposizione, anche in vista della creazione di multipli. Ai fini della tutela l’opera deve comunque presentare i seguenti elementi qualificanti: titolo, struttura, narrativa di base, apparato scenico, personaggi”.

4.- Regolamento concernente i criteri di attribuzione di quote di diritti residuali derivanti dalla limitazione temporale dei diritti di utilizzazione televisiva acquisiti dagli operatori radiotelevisivi. (Deliberazione n° 60/09/CPS). Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 3 luglio 2009, n° 152. Al punto 1, lettera h) si legge “«format»: l’opera dell’ingegno depositata presso la S.I.A.E. a norma della rispettiva regolamentazione avente struttura originale ed esplicativa di una produzione audiovisiva e compiuta nell’articolazione delle sue fasi sequenziali e tematiche, idonea ad essere riprodotta in un programma radiotelevisivo, immediatamente o attraverso interventi di adattamento o di elaborazione o di trasposizione, anche in vista della creazione di multipli”.

5.- “In tema di diritto di autore relativo a programmi televisivi, ai fini della configurabilità di un’opera dell’ingegno, pur potendosi prescindere da una assoluta novità e originalità di essa e nell’ambito di un concetto giuridico di creatività comunque soggettivo, è necessario, con riferimento al “format”, cioè all’idea base di programma quale modello da ripetere anche da altre emittenti o in altre occasioni ed in assenza di una definizione normativa, avere riguardo alla nozione risultante dal bollettino ufficiale della SIAE n°. 66 del 1994, secondo cui l’opera, ai fini della prescritta tutela, deve presentare, come elementi qualificanti, delle articolazioni sequenziali e tematiche, costituite da un titolo, un canovaccio o struttura narrativa di base, un apparato scenico e personaggi fissi,, così realizzando una struttura esplicativa ripetibile del programma”. Cassazione Civile, Sezione I, 17 febbraio 2010, n° 3817.

6.- “La protezione accordata dalla Legge 22 aprile 1941 n° 633 e successive modificazioni alle opere dell’ingegno aventi carattere creativo concerne l’idea non in quanto tale, bensì il modo in cui l’idea viene espressa, e cioè la forma dell’opera. Ne consegue che gli spunti, i suggerimenti o la comunicazione di un’idea non godono della tutela autorale, che protegge solo la forma espositiva”. Tribunale di Bologna, Sezione Speciale Proprietà industriale ed intellettuale, 26 settembre 2011. 7.- Tribunale di Roma, 27 gennaio 2000.

8.- Tribunale di Cagliari, 26 gennaio 2007.

9.- Cassazione Civile, Sezione I, 13 ottobre 2011, n° 21172.

10.- Cassazione Civile, Sezione I, 16 giugno 2011, n° 13249.

11.- Real Decreto Legislativo 1/1996, de 12 de abril, por el que se aprueba el Texto Refundido de la Ley de Propiedad Intelectual, regularizando, aclarando y armonizando las disposiciones legales vigentes sobre la materia. Artículo 10. Obras y títulos originales: 1. Son objeto de propiedad intelectual todas las creaciones originales literarias, artísticas o científicas expresadas por cualquier medio o soporte, tangible o intangible, actualmente conocido o que se invente en el futuro, comprendiéndose entre ellas: a) Los libros, folletos, impresos, epistolarios, escritos, discursos y alocuciones, conferencias, informes forenses, explicaciones de cátedra y cualesquiera otras obras de la misma naturaleza; b) Las composiciones musicales, con o sin letra; c) Las obras dramáticas y dramático-musicales, las coreografías, las pantomimas y, en general, las obras teatrales; d) Las obras cinematográficas y cualesquiera otras obras audiovisuales; e) Las esculturas y las obras de pintura, dibujo, grabado, litografía y las historietas gráficas, tebeos o comics, así como sus ensayos o bocetos y las demás obras plásticas, sean o no aplicadas; f) Los proyectos, planos, maquetas y diseños de obras arquitectónicas y de ingeniería; g) Los gráficos, mapas y diseños relativos a la topografía, la geografía y, en general, a la ciencia; h) Las obras fotográficas y las expresadas por procedimiento análogo a la fotografía; i) Los programas de ordenador.2. El título de una obra, cuando sea original, quedará protegido como parte de ella.

12.- La Sentenza del Tribunale Commerciale n° 2 di Madrid, del 9 giugno 2005, coerentemente con la dottrina prevalente, ha sottolineato che: “Constituye lugar común dentro del panorama doctrinal aquella concepción con arreglo a la cual las simples ideas, por no ser susceptibles de apropiación al ser patrimonio de la humanidad, no pueden ser objeto de tutela dentro de la órbita de los derechos de autor, siendo menester, para gozar de dicha protección, que la idea como tal se haya plasmado de forma relativamente estructurada en algún medio de expresión formal, en nuestro caso la palabra escrita. En tal sentido, señala ESPIN que la idea es de libre circulación, lo que se justifica por la utilización que el autor hace de los datos existentes en la sociedad que, después de su propia creación, devuelve a ésta”. ESPÍN CÁNOVAS, Diego. “Los derechos del autor de obras de arte”, Madrid, 1996, p. 66.

13.- Sentenza del Tribunal Supremo del 26 novembre 2003: “No importa la idea, ni si los datos históricos reflejados eran conocidos, o novedosos; lo relevante es la forma original de la expresión -exposición escrita-. Y así lo advierte, con pleno acierto, el juzgador de primera instancia al resaltar “el propio y personal sentido expositivo del autor”.

14.- Sentenze del Tribunale Supremo Spagnolo del 20 febbraio 1992, 26 ottobre 1992, 17 ottobre 1997 e 26 novembre 2003.

15.- Sentenza dell’Udienza Provinciale di Madrid, n° 182/09 del 2 luglio 2009.

16.- Sentenza dell’Udienza Provinciale di Toledo, n° 220/12 del 17 luglio 2012.

17.- Sentenza del Tribunale Commerciale n° 6 di Madrid, n° 373/07, del 18 giugno 2007. In questo caso siamo in presenza di due programmi televisivi, uno a livello locale e l’altro a livello nazionale che presentano entrambi lo stesso tipo di format. L’attore ha chiesto ed ottenuto l’applicazione delle norme sulla concorrenza sleale, soprattutto quelle riguardanti l’imitazione, lo sfruttamento della reputazione altrui e l’induzione all’infrazione contrattuale. Il convenuto non solo ha cancellato il suo programma, ma ha dovuto risarcire l’attore.

[ESPAÑOL] La legislación en materia de internacionalización de empresas italianas

El Working paper original, ha sido publicado on line por el Centro Argentino de Estudios Internacionales (CAEI) en la sección Monitor Económico Latinoamericano el 9 de septiembre de 2012. Url: http://www.caei.com.ar. La presente reproducción ha sido adaptada por el autor para que pueda ser publicada por el Bufete de Abogados Sbrocca (Studio Legale Sbrocca) de Roma, Italia.


1.- Introducción

Las cuestiones jurídicas que a continuación serán analizadas se encuentran reguladas por la legislación concurrente según así lo establece el artículo 117 inciso 3 de la Constitución de la República Italiana. Si bien es cierto que el dictado constitucional ha omitido incluir la palabra “internacionalización” entre las potestades legislativas enunciadas por dicho artículo, la continua praxis parlamentaria considera esta última como una subcategoría de la materia “comercio exterior” que sí aparece mencionada por la ley fundamental del Estado italiano.

Antes de la reforma constitucional del año 2001, el Estado se arrogaba la potestad legislativa exclusiva en todas las cuestiones relativas al comercio exterior, y por ende, de la internacionalización. Actualmente, dicha potestad no es más exclusiva sino compartida con las regiones italianas. Es menester no confundir conceptualmente ambos términos, debido a que el comercio exterior y la internacionalización de empresas no son sinónimos. El primero se refiere, en su acepción más simple, a toda actividad empresarial finalizada a la importación y exportación de bienes y servicios. El segundo, al proceso de continua adaptación llevado a cabo por las empresas nacionales dispuestas a operar, de manera estable, en el extranjero. El presente trabajo examinará los instrumentos jurídicos a disposición de las empresas italianas dispuestas a consolidarse en el exterior incluyendo, en la parte final, una serie de consideraciones personales.

Pues bien, habiendo dejadas por sentadas estas premisas, será necesario familiarizarse con algunos conceptos básicos del derecho público italiano antes de abordar el tópico en cuestión para que la lectura del presente trabajo sea más amena y prolija.

2.- Breve introducción al derecho público italiano

La península itálica está dividida administrativamente en veinte regiones, quince de las cuales con estatutos ordinarios1, cinco con estatutos especiales2 y dos provincias autónomas de Trento y Bolzano. Es también una república parlamentaria en donde todas las cuestiones de Estado se debaten exclusivamente en el parlamento. El sistema bicameral italiano está conformado por una cámara alta, el Senado de la República, integrado por 315 miembros a los cuales hay que sumarle un número variable de senadores vitalicios y por una Cámara de Diputados que cuenta con 630 miembros. Los diputados son elegidos a través del sufragio universal por los ciudadanos italianos mayores de 18 años y los senadores por los ciudadanos que hayan cumplido 25 años de edad. Los senadores vitalicios suelen ser destacadas personalidades nacionales distinguidas por méritos excepcionales en el campo social, científico, artístico o literario y son nombrados directamente por el presidente de la República. El voto en Italia es facultativo y no obligatorio a pesar de que la Constitución establece que su ejercicio es un deber cívico de los ciudadanos. Una pluralidad de proyectos de ley están siendo examinados por las comisiones de asuntos constitucionales de Diputados y de Senadores con la firme intención de reducir el número de escaños en ambas cámaras. Otros proyectos de ley, en cambio, buscan remplazar el actual bicameralismo perfecto por un Senado federal y por una Cámara de Diputados con competencias específicas.

El presidente de la República es el jefe de Estado y representa la unidad de la nación. Su mandato dura siete años y es elegido por el parlamento en sesión conjunta de sus miembros. El presidente del consejo de ministros, a su vez, se encarga de administrar los asuntos generales del Estado. Por lo general, es el máximo exponente de una colación de partidos políticos que resulten ganadores en las elecciones políticas generales y sus poderes, en un sistema rígidamente parlamentario como lo es el italiano, encuentra un solo límite: la dialéctica entre los legisladores oficialistas y de la oposición.El gobierno, luego de prestar juramento por manos del presidente de la República, tiene la obligación de presentarse ante las cámaras para recibir el voto de confianza. Por lo tanto, durante una legislatura, podrán alternarse uno o más gobiernos y será el parlamento a decretar el inicio y el final de cada uno.

La Constitución distingue tres tipos de competencias legislativas. Pueden ser generales, exclusivas y como se ha dicho en la introducción, concurrentes. Las regiones tienen competencia legislativa general y pueden sancionar leyes en cualquier ámbito salvo en las materias reservadas exclusivamente al Estado3. En las materias de legislación concurrente4intervienen por un lado el Estado, determinando los principios fundamentales de tales leyes, y por el otro las regiones que emanan materialmente dichas normas observando la Constitución, los vínculos internacionales impuestos por el ordenamiento comunitario, las obligaciones internacionales y los principios fundamentales establecidos por el Estado.

3.- Marco regulatorio de la internacionalización de las empresas italianas

Antes de la reforma constitucional del 2001 el sistema se basó en el denominado principio del paralelismo que permitió al Estado y a las regiones ejercer funciones administrativas derivadas de las respectivas potestades legislativas. La competencia legislativa fue general para el Estado y taxativamente numerada para las regiones. Durante este período, caracterizado por el monopolio estatal del comercio exterior, fueron sancionados leyes y decretos legislativos5 que concedieron subsidios a las PYMES y a las empresas exportadoras que ya operaban de manera estable en los mercados internacionales. Ingentes recursos económicos del Estado se asignaron a través de las leyes 29 de octubre de 1954 n°10836 y 21 de febrero de 1989 n° 837 hasta que fueron abrogadas por el Decreto Ley 22 de junio de 2012 n° 838 convertido con modificaciones por la Ley 7 de agosto de 2012 n° 134.

A su vez, fueron actuados programas bilaterales y plurinacionales anuales aprobados por el Comité Interministerial para la Programación Económica (CIPE)9 para estimular las exportaciones. En verdad la Ley 26 de febrero de 1992 n° 21210 que fue inicialmente concebida para impulsar programas de transición de los países de Europa oriental hacia las economías de mercado, incluyó a partir del 2001, a países como Argelia, Egipto, Libia, Marruecos y Túnez. En el año 2003, la quinta comisión del mencionado Comité Interministerial que tiene a su cargo la coordinación y dirección estratégica de las políticas comerciales hacia el exterior, incorporó nuevas naciones beneficiarias como por ejemplo Albania, Armenia, Arzeibayán, Bosnia-Herzegovina, Bulgaria, Chipre, Croacia, Estonia, Federación Rusa, Georgia, Jordania, Irak, Kazajstán, Kirguiztán, Letonia, Libano, Lituania, ex República Yugoslava de Macedonia, Moldavia, Polonia, República Checa, Serbia y Montenegro, Siria, Eslovaquia, Eslovenia, Tajikistán, Turquía, Ucrania, Hungría y Uzbekistán. Lamentablemente, los programas de ayuda fueron suspendidos en el año 2006 por falta de presupuesto11.

Ahora bien, la disposición más emblemática sancionada durante el período del paralelismo fue sin duda alguna la Ley 24 de mayo de 1977 n° 22712 denominada ley “Ossola”. Su objetivo principal fue instituir una entidad financiera que concediera créditos para la exportación y seguros contra riesgos políticos, comerciales, cambiarios, etcétera. El mecanismo articulado por la ley fue bastante simple. El Microcrédito Central, entidad crediticia, ofrecía créditos a mediano plazo a las empresas exportadoras o a sus contrapartes extranjeras interesadas en importar productos italianos. La ley “Ossola” fue abrogada durante la década de los noventa tras la aprobación de importantes reformas. Una de ellas fue implementada por la ley “Bassanini”13 la cual diseñó una nueva estructura institucional descentralizando funciones administrativas del gobierno a favor de las regiones y las autonomías locales. El proceso fue gradual y permitió la transferencia de poderes sin reformar la Constitución. Los puntos salientes de la reforma, que fue justamente denominada “a constitución invariada14 fueron actuados mediante la Ley 15 de marzo de 1997 n° 5915. Dicha ley, por un lado reorganizó el Instituto nacional para el Comercio Exterior (ICE) y por el otro transformó la sección especial para los créditos a la exportación del Instituto Nacional de Seguros (INA) que pasó a ser un organismo público económico bajo el nombre de Instituto para los servicios de seguros del comercio exterior (SACE)[16]. Las funciones de la SACE y del ICE serán ilustradas más adelante, respectivamente, al punto 6 y 7 del presente trabajo.

Con la definitiva aprobación de la reforma constitucional del 2001 que, recordamos, modificó integralmente las competencias legislativas del Estado y de las regiones, el parlamento encomendó al gobierno la reorganización del entero corpus normativo concerniente la internacionalización de las empresas17. La primera ley de delegación legislativa instó al gobierno:

  1. A proceder con la recopilación jurídica del sector.
  2. A coordinar los esfuerzos conjuntos del Estado, las regiones y restantes sujetos intervinientes durante los procesos de internacionalización.
  3. A estipular acuerdos con organismos públicos y con entidades financieras a los efectos de utilizar servicios y dependencias de tales instituciones en el exterior.

Esta innovativa ley de delegación legislativa fue incumplida por el gobierno. Con la aprobación de la Ley 31 de marzo de 2005 n° 56 se delegó por segunda vez al gobierno para que reorganizara del sector. La nueva ley de delegación, contrariamente a la primera, subrayó cuestiones cruciales como por ejemplo:

  1. El respeto de las funciones atribuidas a los ministerios de Desarrollo Económico, Relaciones Exteriores, Economía y la reorganización de los organismos públicos previstos por el Decreto Legislativo del 31 de marzo de 1998 n° 143 (SACE, SIMEST, ICE, etc.).
  2. La reorganización de los organismos públicos teniendo en cuenta las incipientes exigencias de la política económica italiana en el contexto internacional.
  3. La racionalización de las normas financieras.
  4. El agrupamiento de los fondos de inversión para el exterior en un único fondo.
  5. La aprobación de nuevas medidas.

También la segunda ley de delegación quedó inactuada. Sin embargo, no todas fueron desestimadas por las autoridades nacionales. El artículo 53 de la Ley 23 de julio de 2009 n° 9918autorizó al gobierno a reorganizar las cámaras de comercio. Con esta medida se intentó actualizar el marco legal de las mismas sin comprometer los principios que inspiraron la reforma constitucional del 2001 que, como dijimos anteriormente, valorizó las autonomías territoriales. La delegación legislativa conferida al gobierno por el parlamento en este ámbito se ocupó de:

  1. Reorganizar las funciones y el control estatal-regional de las cámaras de comercio.
  2. Simplificar los nombramientos de los órganos ejecutivos.
  3. Garantizar mayor transparencia y responsabilidad de las organizaciones empresariales en los consejos de las cámaras.
  4. Valorizar las autonomías funcionales.
  5. Limitar la constitución de nuevas cámaras.
  6. Optimizar el rol de las cámaras de comercio en materia de orientación vocacional.
  7. Mejorar la organización.
  8. Racionalizar costos.

Indudablemente las innovaciones más importantes fueron introducidas por el artículo 2, inciso 2, letra e) del Decreto Legislativo 15 de febrero de 2010 n° 23 el cual confirió a las cámaras de comercio, singularmente o asociadamente, funciones de apoyo a la internacionalización y a la promoción del sistema italiano en el exterior coordinadas por el Ministerio de Desarrollo Económico. Las actividades de apoyo serán analizadas más adelante cuando hablemos del sistema cameral (punto 8). Luego de este breve excursus sobre las particularidades que presenta la legislación italiana, examinaremos que funciones competen a cada entidad privada u organismo público involucrado en los distintos procesos de internacionalización.

4.- El Ministerio de Desarrollo Económico

El departamento para la empresa y la internacionalización, dependiente del Ministerio de Desarrollo Económico, tiene a su cargo la coordinación de los organismos públicos y privados que intervienen, directamente o indirectamente, durante las diversas fases de la internacionalización ocupándose esencialmente de:

  1. Brindar asistencia técnica a las administraciones públicas sobre el manejo y utilización de fondos estructurales europeos.
  2. Administrar el fondo para las actividades extraordinarias de promoción del made in Italy.
  3. Dirigir y supervisar el accionar de la Agencia para la promoción en el exterior y la internacionalización de las empresas italianas (ex ICE – Instituto nacional para el comercio exterior) e inspeccionar las actividades financieras realizadas por la Sociedad italiana para la empresa mixta en el exterior (SIMEST).
  4. Otorgar subsidios a entidades, asociaciones, consorcios y cámaras de comercio para las actividades promocionales.
  5. Establecer, mantener y desarrollar relaciones institucionales internacionales.
  6. Realizar estudios temáticos sobre comercio exterior utilizando las estadísticas elaboradas por el Instituto nacional de estadística (ISTAT).

El Ministerio subdividió los fondos públicos para la internacionalización de la siguiente manera. En la categoría A se encuentran los recursos económicos destinados a las actividades de promoción de los productos italianos en el interior del país y en el extranjero. En la categoría B los fondos exclusivamente utilizados para favorecer dichos procesos empresariales. En la categoría C los incentivos para la creación de empresas en el exterior. En la categoría D los recursos nacionales para la cooperación internacional. En la categoría F los fondos para la promoción del sistema de ferias y exposiciones en el exterior.

5.- La SIMEST

La Ley 23 de abril de 1990 n° 10020 creó una nueva entidad financiera llamada sociedad italiana para la empresa mixta en el exterior (SIMEST). Tiene su sede legal en Roma y el accionista principal es el Estado. El resto de las acciones se encuentran repartidas entre instituciones crediticias y organizaciones empresariales. La SIMEST fue creada para ayudar a las PYMES a ser competitivas en los mercados internacionales ocupándose específicamente de:

  1. Promover la constitución de empresas en el exterior.
  2. Invertir en paquetes accionarios de empresas extranjeras con alícuotas que no superen el 25% del capital social.
  3. Invertir en obligaciones convertibles en acciones y en derechos de opción que no superen el 25% del capital social.
  4. Participar de las acciones de consorcios temporáneos de empresas y firmar acuerdos de cooperación con empresas radicadas en el extranjero por no más del 25% del capital social.
  5. Brindar asistencia técnica, administrativa, organizativa y financiera.
  6. Realizar estudios de mercados, de factibilidad, encuestas, etcétera.
  7. Ser garante de empresas e institutos de crédito italianos o extranjeros adquiriendo paquetes accionarios en dichas empresas que no superen el 25% del capital social.
  8. Participación minoritaria en sociedades o grupos de PYMES, que presten servicios a empresas italianas en el exterior y beneficien de subsidios erogados por el Ministerio de Desarrollo Económico.
  9. Financiar empresas extranjeras, por un plazo máximo de ocho años, a través de planes otorgados por el Banco Europeo para la Reconstrucción y el Desarrollo (BERS), el Banco europeo para las inversiones (BEI),la International Financial Corporation (IFC) o bien otras entidades supranacionales, que no exceda el 25% del presupuesto previsto por el programa económico de la empresa o sociedad extranjera,
  10. Invertir en empresas italianas o extranjeras que se ocupen de promoción, inversión o colaboración comercial e industrial en el exterior, por ejemplo a través de financieras, compañías de seguros, empresas de leasing o factoring.

Quedan excluidos los países miembros de la Unión Europea con preferencia de los países donde los acuerdos internacionales aseguren un clima favorable de inversión. Los programas de la SIMEST incluyen la posibilidad de obtener financiamiento a bajas tasas de interés y la garantía de la SACE21.

El Ministerio de Desarrollo Económico controla las inversiones de la SIMEST de conformidad con las previsiones del Decreto del Presidente de la Republica 28 de noviembre de 2008 n° 19722. Debido al recrudecimiento de la situación económica actual, el gobierno se vio obligado a adoptar medidas extraordinarias para combatir los efectos negativos de la crisis. Por el Decreto Ley 27 de junio de 2012 n° 87 que, cabe aclarar, no fue convertido en ley, se dispuso que las acciones de la SIMEST y de la SACE, en poder del Estado, fuesen colocadas en los mercados bursátiles. Según el decreto caducado, la Caja Depósitos y Préstamos (Cassa Depositi e Prestiti S.p.A), hubiera podido ejercer derechos de opción sobre las mismas en un plazo de 120 días a partir de la entrada en vigor del decreto mismo que, recordamos, no habiendo sido convalidado por el parlamento, ha quedado sin efecto. De cualquier manera, la SIMEST, continuará a desarrollar sus actividades con absoluta normalidad no obstante este vano tentativo de privatización del ente.

6.- La SACE

El Decreto Legislativo 31 de marzo de 1998 n° 14323 instituyó el Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero (SACE) que tiene su sede en Roma.Es supervisado por el Ministerio de Economía y desempeña sus funciones siguiendo las directivas impartidas por el CIPE.

El Decreto Ley 30 de setiembre de 2003 n° 26924, convertido por la Ley 24 de noviembre de 2003 n° 32625 transformó la SACE en sociedad por acciones cuyo accionista principal es el Estado. Como es sabido, los riesgos intrínsecos del comercio exterior recaen, por lo general, sobre el exportador. El eventual incumplimiento total o parcial de la contraparte es una constante variable en la mayor parte de las transacciones comerciales como así también los riesgos derivados por los avatares políticos o cambiarios que podrían producirse en los países importadores.

Los seguros de créditos a las exportaciones permiten a las empresas italianas minimizar el factor de riesgo mitigando el impacto económico y, consecuencialmente, aumentando la competitividad de las mismas en los mercados internacionales. Los productos financieros de la SACE incluyen una vasta gama de seguros para las PYMES contra los riesgos político-comerciales, entre los cuales se destacan las pólizas comunes, financial credits, seguros contra default, performance, prestamos societarios, project bonds etcétera.

7.- La supresión del Instituto nacional para el Comercio Exterior (ICE) y la creación de la Agencia para la promoción en el exterior y la internacionalización de las empresas italianas.

El artículo 2° de la abrogada Ley 25 de marzo de 1997 n° 6826confirió al ICE la función de promover el comercio exterior y desarrollar los procesos de internacionalización del sistema productivo italiano teniendo en cuenta las exigencias de las PYMES. Para cumplir con su cometido27 el instituto tuvo a su cargo una organización estable integrada por una sede central en Roma, 16 filiales en el interior del país y 116 secciones comerciales operativas en 88 países del mundo. Las dificultades financieras, debidas principalmente a la crisis que se originó en el 2008, obligaron al gobierno a tomar drásticas medidas de ajuste para contener el déficit presupuestario y estabilizar las finanzas públicas.

En este contexto fue dispuesta – tal como resulta en la segunda sección del título primero de la Ley 15 de julio de 2011 n° 11128 que convirtió el Decreto Ley 6 de julio de 2011 n° 9829 – la irremediable supresión, incorporación y reorganización del Instituto Nacional para el Comercio Exterior30. Según el artículo 18 del susodicho decreto “(…) las funciones atribuidas al ICE por la normativa vigente y los inherentes recursos humanos, financieros e instrumentales, incluidas las relaciones jurídicas activas y pasivas, serán transferidas, sin ningún procedimiento de liquidación (…) al Ministerio de Desarrollo Económico (…)”. Por medio de esta norma el Ministerio de Desarrollo Económico se subrogó en las relaciones jurídicas del suprimido instituto a los efectos de garantizar la continuidad institucional de las obligaciones contraídas por el ente y para cumplir con las actividades ya programadas en materia de internacionalización.

Sin embargo el gobierno, con sucesivo Decreto Ley 6 de diciembre de 2011 n° 20131, instituyó un nuevo organismo público tras la reorganización de los recursos pertenecientes al ex ICE denominado Agencia para la promoción en el exterior y la internacionalización de las empresas italianas32. “Los recursos ya destinados al ICE para el funcionamiento de las actividades de promoción y desarrollo de los intercambios comerciales con el exterior, determinados por la planilla C de la Ley 13 de diciembre de 2010 n° 220, serán transferidos a un fondo para la promoción de los intercambios e internacionalización de las empresas, instituido en el estado de previsión del Ministerio de Desarrollo Económico” aclara el artículo 19 del citado decreto.

El Decreto Ley 6 de diciembre de 2011 n° 201 fue definitivamente convertido por la Ley 22 de diciembre de 2011 n° 214 la cual atribuyó a la agencia de nueva conformación las siguientes funciones:

  1. Desarrollar la internacionalización de las empresas italianas.
  2. La comercialización de los bienes y servicios italianos en los mercados internacionales.
  3. La promoción de la imagen de los productos italianos a través de servicios de información, asistencia y asesoramiento a las empresas italianas que operan en el sector del comercio exterior.
  4. Promover la cooperación industrial, los sectores terciarios, la agricultura y la industria agroalimentaria.

La agencia deberá coordinarse con las regiones, las cámaras de comercio, los sectores empresarios, los entes privados y los organismos públicos.

Un gabinete de dirección, integrado por representantes de los Ministerios de Relaciones Exteriores, Desarrollo Económico, Economía, las regiones, la confederación general de la industria italiana, unioncamere33, red empresa italiana y la asociación bancaria italiana se encargarán de elaborar las directivas estratégicas de promoción e internacionalización. La composición inicial del gabinete fue modificada por el artículo 46 del Decreto Ley 22 de junio de 2012 n° 8334que incluyó al Ministro de turismo en las cuestiones relativas a su cartera.

Las secciones comerciales en el exterior, pertenecientes al suprimido instituto, deberán integrarse con la red diplomática italiana. El traspaso se formalizará mediante un convenio estipulado entre el Ministerio de Relaciones Exteriores y el Ministerio de Desarrollo Económico. Las filiales nacionales serán cerradas a excepción de Roma y Milán. La agencia tendrá asignado un presupuesto en donde resulten separados y bien distintos los gastos de funcionamiento de los demás gastos obligatorios. El fondo para la promoción no podrá ser utilizado para cubrir gastos del personal. La agencia se financia además con los fondos europeos para los proyectos de promoción como así también por las entradas que percibe por los servicios prestados, sus inversiones, los dividendos, etcétera.

8.- El sistema cameral

Como se ha dicho anteriormente, el Decreto Legislativo 15 de febrero de 2010 n° 23 reformó las cámaras de comercio introduciendo el concepto de “sistema cameral” en el ordenamiento jurídico italiano del que participan 105 cámaras de comercio de unioncamere, 75 cámaras de comercio italianas en el exterior y 35 cámaras de comercio mixtas.

Las medidas a favor de la internacionalización comprenden el acompañamiento directo de las empresas enlos mercados internacionales, la organización de reuniones empresariales y la asistencia técnica en materia contractual, fiscal y aduanera. Existen también 67 agencias especiales35 que, con la participación de las regiones y el apoyo de las asociaciones empresariales, brindan asistencia directa a las PYMES dispuestas a internacionalizarse. Algunos ejemplos de agencias especiales – solo por citar algunas de ellas – son la Promos de Milán36, Metropoli de Florencia37, CeiPiemonte38, Italy Empowering Agency39 conocida como Promec “Promoción Módena Económica” y el Centro Exterior Veneto40.

Las cámaras de comercio italianas en el exterior, identificadas con el acrónimo CCIE, también hacen parte integral del sistema cameral ya que se dedican a favorecer los intercambios comerciales con Italia brindando asistencia a los propios asociados. Las CCIE fueron reorganizadas por medio de la Ley 1° de julio de 1970 n° 51841 la cual reconoció una asignación de fondos anuales, erogados por el Ministerio de Desarrollo Económico, para mantener los costos de funcionamiento de las mismas.

Según un informe conjunto de unioncamere y assocamerestero42las CCIE son un sujeto único en el panorama italiano ya que pueden contar con una estructura operativa en “50 países con 140 oficinas y mas de 24.000 empresas asociadas, constituidas en un 70% por empresas extranjeras interesadas en comerciar con Italia. Disponen a su vez de 600 empleados a los cuales hay que incluir otros 1.300 administradores de las estructuras camerales”.

9.- Conclusiones

Existen una serie de cuestiones que no deben ser obviadas por las empresas a la hora de encarar nuevos desafíos en el extranjero:

  1. Los mercados se transforman incesantemente.
  2. La red telemática multiplica las fuentes de información y agiliza la transmisión de datos.
  3. La liberalización de los mercados ha modificado radicalmente las reglas de la competencia y de la concurrencia.
  4. La innovación tecnológica ha transformado la cantidad, calidad y modalidad de producción.
  5. La integración de los mercados, si bien ha favorecido la delocalización de la producción, ha contribuido a su vez a la denominación del origen de los productos.
  6. Las empresas export oriented han beneficiado mayormente de los incentivos económicos previstos por la legislación respecto a las demás PYMES.

Consideraciones relativas a la legislación:

Las leyes y decretos examinados apoyan categóricamente:

  1. La constitución de joint ventures.
  2. Los acuerdos productivos.
  3. Las alianzas estratégicas con los operadores locales.
  4. La apertura de puntos de ventas y polos productivos tramite la constitución de empresas comerciales.

Como podemos apreciar, las normas aprobadas durante estos últimos años ayudan pero no resuelven in toto los problemas de las empresas. Las formas de integración y colaboración empresarial previstas por los principales sectores productivos de la economía italiana ofrecen ciertas ventajas, sobretodo a las PYMES, a la hora de conquistar nuevos mercados. Naturalmente es necesario contar con un programa serio y creíble para la internacionalización de la empresa. Además, sin inteligencia previa no será posible consolidar una posición en el exterior.

La inversión directa de las empresas, por medio de fondos públicos o privados, producen un efecto limitado en el tiempo y los resultados, claro está, no se manifiestan automáticamente.

Consideraciones sobre los organismos públicos y privados:

El legislador atribuyó a más de una entidad contemporáneamente las mismas funciones en materia de internacionalización. Como consecuencia, se han duplicado organismos públicos, asociaciones empresariales y agencias especiales obligadas no solo por las leyes sino también por los propios estatutos a competir contra las demás en el mismo rubro.

Las instituciones creadas para coordinar las políticas públicas, en vez de simplificar procedimientos, se volvieron cada vez más dispendiosas y excesivamente burocráticas incrementando, de esta manera, la confusión imperante.

Consideraciones sobre los fondos y los incentivos económicos:

El acceso a los fondos públicos por parte de las PYMES presupone no solo una adecuada fase de planificación sino también la firme intención de competir en los mercados extranjeros. La asimetría informativa, los factores de riesgo y la falta de capacitación técnica, sobretodo jurídica, son cuestiones cruciales que requieren, por parte del empresariado, la máxima atención a la hora de conquistar nuevos horizontes.

Por esta razón el Ministerio de Desarrollo Económico debería ocuparse no solo de supervisar la SIMEST y la Agencia para la promoción, sino también las empresas que utilizan una pluralidad de subsidios erogados por entes diferentes para la misma iniciativa violando, abiertamente, la normativa comunitaria sobre la utilización de los fondos públicos.

Apoyo a las PYMES:

Sería conveniente que, en el futuro mediato, se tengan en cuenta las reales necesidades de las PYMES a la hora de sancionar nuevas leyes. Esto quiere decir valorizar las economías regionales, la unidad de los esfuerzos estatales y la dimensión estratégica del comercio internacional para la economía italiana. Por consiguiente, el Estado debería reconocer ipso jure las atribuciones de las regiones y el principio de subsidiariedad sancionado por el articulo 118 de la Constitución.

Los instrumentos públicos a disposición del gobierno deberían tener en cuenta las necesidades territoriales así como la política, sobretodo en ocasión de las misiones comerciales, debería tener en cuenta las exigencias de las PYMES y no de los grandes grupos industriales italianos.

Francesco G. Leone

NOTAS:

1.- Las regiones con estatutos ordinarios, es decir aprobados por los respectivos consejos regionales con mayoría absoluta, son: Abruzos, Apulia, Basilicata, Campania, Calabria, Emilia Romaña, Lacio, Liguria, Lombardia, Marcas, Molise, Piamonte, Toscana, Umbria y Veneto.

2.- Las regiones con estatuto especial, aprobados por medio del procedimento constitucional establecido por el artículo 116 de la misma, son: Valle de Aosta, Friuli Venecia Julia, Trentino Alto Adige, Cerdeña y Sicilia.

3.- El Estado tiene competencia exclusiva en las siguientes materias: política exterior y relaciones internacionales del Estado; relación del Estado con la Unión Europea; derecho de asilo y condiciones jurídicas de los ciudadanos de Estados no pertenecientes a la Unión Europea; inmigración; relaciones entre la República y las confesiones religiosas; defensa y Fuerzas armadas; seguridad del Estado; armas, municiones y explosivos; moneda, tutela del ahorro y mercados financieros; tutela de la competencia; mercado de valores; sistema tributario y contable del Estado; repartición de los recursos financieros; órganos del Estado y sus relativas leyes electorales; referéndum estatales; elecciones del Parlamento europeo; ordenamiento y organización administrativa del Estado y de las entidades públicas nacionales; orden público y seguridad, con exclusión de la policía administrativa local; ciudadanía, estado civil y registros; jurisdicción y normas procesales; ordenamientos civiles y penales; justicia administrativa; determinación de los niveles esenciales de las prestaciones concernientes a los derechos civiles y sociales que deben ser garantizados en todo el territorio nacional; normas generales sobre instrucción; previsión social; legislación electoral, órganos de gobierno y funciones fundamentales de los Municipios, de las Provincias y de las Ciudades metropolitanas; aduana, protección de las fronteras nacionales y profilaxis internacional; pesas, medidas y determinación del tiempo; coordinación de la información estadística e informática de los datos de la administración estatal, regional y local; obras del ingenio; tutela del ambiente, del ecosistema y de los bienes culturales.

4.- Son materias concurrentes aquellas relativas a: relaciones internacionales y con la Unión europea de las regiones; comercio exterior; tutela y seguridad del trabajo; instrucción, dejando a salvo la autonomía de las instituciones escolares y con exclusión de la instrucción y formación profesional; profesiones; investigación científica e tecnológica y mantenimiento de las innovaciones para los sectores productivos; tutela de la salud; alimentación; ordenamiento deportivo; protección civil; gobierno del territorio; puertos y aeropuertos civiles; grandes redes de transporte y de navegación; ordenamiento de las comunicaciones; producción, transporte y distribución nacional de la energía; previsión complementaria e integrativa; armonización de los balances públicos y coordinación de la hacienda pública y del sistema tributario; valoración de los bienes culturales y ambientales y promoción y organización de actividades culturales; cajas de ahorro, cajas rurales, establecimientos de crédito de carácter regional; entes de crédito inmobiliario y agrario de carácter regional.

5.- Ley 1° de julio de 1970 n° 518 “Reorganización de las Cámaras de Comercio Italianas en el Exterior”; Ley 29 de julio de 1981 n° 394 “Conversión en ley, con modificaciones, del Decreto Ley 28 de mayo de 1981 n° 251 “Medidas para sostener las exportaciones italianas”; Ley 26 de febrero de 1987 n° 49 “Nueva disciplina de la cooperación italiana con los países en vías de desarrollo”; Ley 24 de abril de 1990 n° 100 “Promoción de las participaciones en sociedades o empresas mixtas en el extranjero”; Ley 20 de octubre de 1990 n° 304 “Medidas para la promoción de las exportaciones”; Ley 9 de enero de 1991 n° 19 “Normas para el desarrollo de las actividades económicas y de cooperación internacional de la región Friuli Venecia Julia, la Provincia de Beluno y demás áreas limítrofes”; Ley 26 de febrero de 1992 n° 212 “Colaboración con los países de Europa central y Oriental”; Ley 29 de diciembre 1993 n° 580 “Reorganización de las Cámaras de Comercio, Industria, Artesanías y Agricultura”.

6.- Contribuciones para el desarrollo de las exportaciones italianas.

7.- Interventos para sostener los consorcios entre PYMES industriales, comerciales y artesanas.

8.- Las disposiciones abrogadas por el decreto son las siguientes: 1) Ley 29 de octubre de 1954 n° 1083 “Contribuciones para el desarrollo de las exportaciones italianas”; 2) Ley 30 de julio de 1959 n° 623 “Incentivos a favor de las PYMES industriales y artesanas”; 3) Decreto del Presidente de la República 9 de noviembre de 1976 n° 902 “Crédito subsidiado para el sector industrial”; 4) artículos 3 e 4 de la Ley 12 de agosto de 1977 n° 675 “Intervenciones para la restructuración y la reconversión industrial”; 5) artículos 21 y 32 de la Ley 14 de mayo de 1981 n° 219 “Eventos sísmicos de noviembre del 1980 y de febrero del 1981”; 6) artículo 10 del Decreto Ley 28 de mayo de 1981 n° 251, convertido con modificaciones por la Ley 29 de julio de 1981 n° 394 “Consorcios para la exportación”; 7) artículos 9 y 17 de la Ley 6 de octubre de 1982 n° 752 “Exploración minera”; 8) artículo 1 de la Ley 19 de diciembre de 1983 n° 696 “Normas concernientes facilitaciones de la producción industrial de las PYMES y la administración extraordinaria de las grandes empresas en crisis”; 9) Ley 1° de marzo de 1986 n° 64 “Intervento extraordinario en el Mezzogiorno” [n.d.r: la expresión “Mezzogiorno” alude a las regiones del sur de Italia]; 10) artículo 3-octies Decreto Ley 26 de enero de 1987 n° 9 convertido con modificaciones por la Ley 27 de marzo de 1987 n° 121 “Fondo nacional de promoción y desarrollo del comercio”; 11) artículo 3 del Decreto Ley 9 de diciembre de 1986 n° 832, convertido con modificaciones por la Ley 6 de febrero de 1987 n° 15 “Apoyo financiero a las PYMES del sector comercial y del turismo para la locación de locales comerciales”; 12) Ley 3 de octubre de 1987 n° 399 “Facilitaciones para la producción industrial de las PYMES”; 13) artículo 15, inciso 19 de la Ley 11 de marzo de 1988 n° 67 “Compensaciones para las sociedades financiaras CFI e SOFICOOP para la gestión de las participaciones de la Ley 49/1985”.

9.- Instituido en 1967 el CIPE es un órgano de decisión política en ámbito económico y financiero. Se encarga específicamente de: a) coordinar la programación de la política económica italiana a nivel nacional, comunitario e internacional; b) estudiar la situación socioeconómica del país a los efectos de adoptar medidas estructurales más oportunas; c) impartir directivas e identificar las acciones más eficaces para alcanzar los objetivos fijados por la política económica; d) asignar los recursos financieros a los programas y proyectos de desarrollo; e) aprobar las principales iniciativas de inversión pública. Fuente: Publicaciones del departamento para la programación y la coordinación de la politica económica, “Il ruolo del CIPE e del DIPE nella programmazione e realizzazione degli investimenti pubblici”, Roma, 2009.

10.- Colaboración con los países de Europa central y oriental.

11.- Url: http://www.mincomes.it/strumenti/capitolo_d/d1.htm. Consultado el 3 de julio de 2012.

12.- Disposiciones sobre la actividad aseguradora, la financiación de créditos para la exportación de mercaderías y servicios, la ejecución de trabajos en el exterior y la cooperación económica y financiera en ámbito internacional.

13.- Al igual que la ley “Ossola”, también la ley “Bassanini” lleva el apellido del diputado que le dió impulso legislativo.

14.- Así fue denominada la reforma por sus mismos autores.

15.- Disposiciones para complementar el diseño de reorganización y racionalización de los instrumentos de apoyo a la internacionalización y a la competitividad de las empresas italianas en el exterior.

16.- Decreto Legislativo 31 de marzo de 1998 n° 143 “Disposiciones en materia di comercio exterior, a norma del artículo 4, inciso 4, letra c), y del artículo 11 de la Ley 15 de marzo de 1997 n° 59”.

17.- Artículo 9 de la Ley 29 de julio de 2003 n° 229 “Intervenciones en materia di calidad de la regulación, reorganización normativa y codificación”. Ley de simplificación 2001.

18.- Disposiciones para el desarrollo y la internacionalización de las empresas y de la energía.

19.- El actual Ministerio de Desarrollo Económico desempeña las funciones de los otrora ministerios de Actividades Productivas, Comunicaciones y Comercio Exterior.

20.- Normas sobre la promoción de la participación de las sociedades y empresas mixtas en el

21.- Entre los servicios prestados por la SIMEST podemos subrayar: 1) Los créditos a la exportación, préstamos para aminorar los intereses sobre los préstamos bancarios concedidos para realizar exportaciones e inversiones (Decreto Legislativo 31 de marzo de 1998 n° 143, Capítulo II, ex Ley 24 de mayo de 1977 n° 227); 2) Financiamientos flexibles para ejecutar programas de inserción en los mercados internacionales (Ley 6 de agosto de 2008 n° 133, artículo 6, inciso 2, letra a); 3) Financiamientos flexibles para la patrimonialización de las PYMES exportadoras (Ley 6 de agosto de 2008 n° 133, artículo 6, inciso 2, letra. C) y resolución del CIPE n° 112/09) – Actualmente suspendido – ; 4) Participación al capital social de empresas extracomunitarias (Ley 24 de abril de 1990 n° 100 y sucesivas modificaciones); 5) Participación al capital social de empresas comunitarias; 6) Fondo de venture capital para favorecer las inversiones italianas en China, la Federación Rusa, el área del Mediterráneo, África, Medio Oriente, los Balcanes, América Central y América del Sur; 7) Fondo de venture capital para facilitar la fase de start up de las empresas; 8) Financiamientos flexibles para realizar estudios de factibilidad y programas de asistencia técnica sobre inversiones en el exterior (Ley 6 de agosto de 2008 n° 133, articulo 6, inciso 2, letra b); 9) Servicios de asistencia profesional para las empresas, búsqueda de la contraparte, oportunidades de inversión, parques industriales, advisory, procurement, etcétera; 10) Manejo de fondos comunitarios y programas NIF. Fuente: www.simest.it consultado el 25 de junio de 2012.

22.- Reglamento organizativo del Ministerio de Desarrollo Económico.

23.- Disposiciones en materia de comercio exterior, con arreglo del artículo 4, inciso 4, letra c), y del artículo 11 de la Ley 15 de marzo de 1997 n° 59.

24.- Disposiciones urgentes destinadas a favorecer el desarrollo y para corregir la tendencia de las cuentas públicas.

25.- Conversión en ley, con modificaciones, del Decreto Ley 30 de septiembre de 2003 n° 269.

26.- Reforma del Instituto Nacional para el Comercio Exterior.

27.- Fuente: ex Instituto Nacional para el Comercio Exterior. Plan trienal 2011/2013 para la racionalización en la utilización de la dotación instrumental, automóviles oficiales e inmuebles.

28.- Racionalización y monitoreo de gastos de la administración pública.

29.- Disposiciones urgentes para la estabilización financiera.

30.- Artículo 17 “L’Istituto nazionale per il commercio estero (ICE) è soppresso a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.

31.- Disposiciones urgentes para el crecimiento, la equidad y la consolidación de las cuentas públicas.

32.- La nueva agencia es un ente dotado de personalidad jurídica de derecho publico, controlada y supervisada por el Ministerio de Desarrollo Económico conjuntamente con el Ministerio de Relaciones Exteriores y el Ministerio del Economía en las materias de respectiva competencia.

33.- Entidad que agrupa a las camaras de comercio italianas.

34.- Medidas urgentes para el crecimiento de la nación.

35.- Las agencias especiales son entidades constituidas por las cámaras de comercio que se encuentran regidas por el código civil y dotadas de personalidad tributaria.

36.- Url: http://www.promos-milano.it. Consultado el 30 de junio de 2012.

37.- Url: http://www.promofirenze.com. Consultado el 30 de junio de 2012.

38.- Url: http://www.centroestero.org. Consultado el 30 de junio de 2012.

39.- Url: http://www.modenaemiliaromagna.it. Consultado el 30 de junio de 2012.

40.- Url: http://www.centroesteroveneto.com. Consultado el 30 de junio de 2012.

41.- Reordenamiento de las Cámaras de Comercio italianas en el exterior.

42.- Presentado a la comisión de “Actividades Productivas” de la Cámara de Diputados el 24 de marzo de 2011.

[ITALIANO] Terre rare in sudamerica: analisi della legislazione mineraria argentina.

(Articolo pubblicato in rivista Diritto & Diritti – ISSN 1127-8579 – l’8 dicembre 2011)


Introduzione

Come noto, le terre rare1 sono indispensabili per la produzione delle componenti dei nuovi prodotti hi tech2 e per le tecnologie militari. La Cina, con più del novanta percento del traffico mondiale, vanta una posizione dominante, per non dire monopolistica nelle transazioni aventi ad oggetto i preziosi minerali. La scarsità delle risorse e la contrazione dell’offerta cinese, in un momento di espansione della domanda globale di tecnologia, induce a presagire una impennata del prezzo delle terre rare nel prossimo futuro.

Analizzando le altre grandi nazioni, osserviamo come Stati Uniti, Australia e Brasile stiano cercando di incrementare, faticosamente, la propria produzione. Anche l’Europa è intenta a costituire scorte per garantirsi una relativa autonomia3. Il Giappone – in controtendenza rispetto alle nazioni – è impegnato nella ricerca di materiali alternativi per soddisfare il fabbisogno delle proprie industrie specializzate nella tecnologia più avanzata.

Le grandi corporazioni, interessate a scommettere sulle terre rare, devono disporre, innanzitutto, di ingenti capitali da utilizzare durante le fasi di pianificazione, studio, esplorazione e progettazione. L’elevato rischio connesso alle operazioni estrattive ed i tempi medio lunghi per poter quantificare i profitti sono altre variabili da considerare. Infine, resta il problema – del tutto prevedibile – relativo agli alti costi ambientali.

Nel contesto sopra delineato, l’Argentina, con il suo vasto territorio inesplorato, un altissimo potenziale geologico, una appetibile legislazione mineraria ed una equilibrata normativa ambientale, si propone di attirare massicci investimenti esteri in questo strategico settore dell’economia. Il governo Argentino ha già rilasciato concessioni per lo sfruttamento di terre rare nelle località di Rodeo de los Molles (Provincia di San Luis), Cachi (Provincia di Salta), Sierra de Mumampa (Provincia di Santiago del Estero) e Farallón Negro (Provincia di Catamarca). Il presente articolo intende analizzare la legislazione mineraria locale dal punto di vista dell’investitore italiano.

Uno Stato federale

L’Argentina è una repubblica federale divisa in ventitré Province ed una Città autonoma4. Queste frazioni di territorio equivalgono, in linea di massima, alle nostre regioni. In realtà le Province argentine, diversamente dalle Regioni italiane, possono esercitare tutti i poteri che non hanno delegato al governo federale5, come ad esempio, amministrare la giustizia ed occuparsi di tutte le questioni che non rientrano nella giurisdizione federale. Possono nominare magistrati, costituire tribunali, emanare codici di procedura Civile e penale e perfino erigere una propria Corte Suprema Provinciale con funzioni di giudice di ultima istanza. Il Municipio, ovvero l’ente territoriale più vicino al cittadino, potrà essere paragonato, seguendo questo modello, al nostro Comune.

Il codice minerario

La Costituzione Argentina conferisce al Parlamento il potere di emanare un codice minerario6. Si tratta, naturalmente, di una specificazione nell’ordine delle fonti del diritto. Orbene il código minero7 non solo si occupa di regolare i diritti e gli obblighi derivanti dall’attività estrattiva in Argentina; vuole altresì regolamentare i procedimenti connessi allo sfruttamento delle risorse minerarie. Il suo articolo 9 impedisce allo Stato argentino di disporre e di sfruttare liberamente le miniere se non nei casi stabiliti dalla legge8. In questo modo, lo Stato, si spoglia dell’iniziativa economica in favore dei privati riservandosi la riscossione dei canoni di concessioni e delle relative royalties9. Questa peculiarità dell’ordinamento argentino rappresenta una vera e propria opportunità d’affari sia per gli operatori locali che per le multinazionali del settore.

La proprietà delle miniere

Si tratta di una questione molto dibattuta in dottrina. Una teoria sostiene che il proprietario del fondo è anche proprietario del sottosuolo. Un altro criterio attribuisce allo Stato ed alle Province la proprietà delle miniere10. Una terza via attribuisce alla persona che scopre una miniera la proprietà su di essa11.

Le miniere, secondo il codice minerario, sono beni della Nazione argentina o meglio delle Province e costituiscono una proprietà distinta e separata rispetto al terreno dove sorgono12. Esse sono considerate beni immobili alle quali si applica, per quanto compatibili, le norme sulla proprietà del Codice Civile argentino, salvo le disposizioni speciali contenute nel codice minerario, che prevalgono rispetto alla normativa generale13.

L’utilizzazione delle miniere potrà essere ottenuta attraverso la concessione amministrativa14 rilasciata dall’autorità competente – generalmente dalle Province – in seguito alla scoperta o dismissione delle mine vacanti15. La scoperta avviene quando una esplorazione autorizzata – ovvero un soggetto privato, in maniera incidentale – trova un giacimento non registrato. Colui che dichiara la scoperta è tenuto a presentare una relazione da consegnare all’autorità mineraria provinciale dichiarando le proprie generalità, quelle del proprietario del terreno, le circostanze del ritrovamento e consegnare alcuni campioni del minerale estratto. Una volta verificata l’originalità della scoperta, viene data pubblicità erga omnes. In forza della concessione, quindi, il concessionario non solo detiene il diritto di esclusiva in una frazione di territorio, ma anche la proprietà sulle future scoperte. Inoltre potrà anche esigere, dal proprietario del fondo, la vendita del terreno dove è situata la miniera16. Se il terreno appartiene allo Stato o al Municipio, tale cessione sarà a titolo gratuito fino a quando la miniera non sarà abbandonata o dichiarata vacante. Se i terreni appartengono ai privati, il prezzo di acquisto che il concessionario sarà tenuto a versare al proprietario verrà determinato sulla base del valore di mercato della proprietà fondiaria.

La concessione ha una durata illimitata e la stessa legge tende a vietare la divisione materiale delle miniere in favore di più proprietari. Fra gli obblighi che gravano sul proprietario delle miniere si possono annoverare:

  1. Presentare una relazione tecnica all’autorità mineraria;
  2. Corrispondere un canone annuale, pena la perdita della concessione;
  3. Rispettare tutte le norme di sicurezza del lavoro nelle miniere;
  4. Presentare una relazione sull’impatto ambientale.
Dominio originario dello Stato e c.d. “proprietà particolare” dei privati

Si tratta, come abbiamo visto, di un punto controverso e decisamente atipico per i giuristi italiani. E’ opportuno, pertanto, evidenziare il dominio dello Stato da una parte, e la peculiare figura della c.d. “proprietà” in capo ai concessionari dall’altra.

Il codice minerario sancisce, nel suo articolo 10, che senza pregiudicare il dominio originario dello Stato -riconosciuto dall’articolo 7- la proprietà particolare delle miniere si costituisce attraverso la concessione legale17. Ovvero, quando lo Stato concede una miniera ai privati, istituendo su di essa una proprietà particolare, non si spoglia del suo dominio originario18. Lo mantiene. Di conseguenza, se il concessionario non adempie gli obblighi che derivano dalla concessione, quest’ultima decade e lo Stato, in virtù di quel dominio sulla miniera, potrà stipulare, con altri terzi, una nuova concessione mineraria.

La distinzione appena fatta, fra dominio originario ed imprescrittibile dello Stato e la c.d. “proprietà particolare” in capo allo scopritore – illimitata nel tempo – ma pur sempre soggetta alle condizioni della concessione, rappresenta una peculiarità dell’ordinamento argentino. Nell’esposizione dei motivi della legge n° 22.259 – riforma del Codice Minerario – il legislatore spiega, senza giri di parole, che il diritto dei proprietari delle miniere coesiste con il dominio originario dello Stato. Ciò posto, dato che lo Stato non può sfruttare le miniere se non attraverso l’intervento dei privati, ai fini pratici la problematica sulla proprietà delle miniere poco interessa, nel concreto, al concessionario, visto che la concessione gli consente di sfruttare la miniera senza intromissioni da parte delle autorità amministrative. Al proprietario della miniera – concessionario o scopritore che sia – incombe solo la responsabilità per i pregiudizi arrecati ai terzi e ai lavoratori. Al lavoratore che per cause di servizio cessa di lavorare va riconosciuto un indennizzo che deve essere corrisposto dal concessionario della miniera, non dallo Stato.

Infine è importante evidenziare, che le miniere, pur rappresentando una categoria di proprietà speciale, sono sottoposte agli stessi principi della proprietà comune. Ne consegue che i proprietari potranno:

  1. Esercitare tutte le azioni in difesa della proprietà contenute nel Codice Civile argentino.
  2. Essere privati della stessa – solo ed esclusivamente – nei termini stabiliti dall’articolo 17 della Costituzione Argentina, il quale dispone che la proprietà è inviolabile e che nessuno può esserne spogliato se non in virtù di una sentenza.

Si osservi, inoltre, che la pubblica utilità del bene – requisito indispensabile per l’espropriazione – deve essere espressamente disposta da una norma di legge.

Classificazione delle miniere

Secondo il più volte citato codice minerario, le miniere, si possono dividere in tre tipologie.

  1. Le miniere che appartengono esclusivamente allo Stato e che potranno essere sfruttate in seguito a concessioni rilasciate dalle autorità competenti;
  2. Le miniere date in concessione, preferibilmente, al proprietario del suolo e quelle destinate allo sfruttamento comune;
  3. Le miniere che appartengono unicamente al proprietario e che nessuno potrà sfruttare senza il suo assenso, salvo per i già menzionati motivi di pubblica utilità.

Nella prima categoria rientrano le miniere metallifere19, di combustibile20, arsenico, quarzo, feldspato, mica, fluorita, fosfato, zolfo, borato, wallostonite, pietre preziose e vapori endogeni. Nella seconda categoria rientrano le sabbie metallifere e le pietre preziose che si trovano nei fiumi e le sorgenti d’acqua, le grotte, cave, miniere aperte – già sfruttate nel passato – ed attualmente in stato di abbandono, le torbiere, saline, salsedine, i metalli non compresi nella prima categoria, le terre alluminose, abrasive, ocri, resine, steatite, baritina, graffito, caolino, sali alcaline o alcalino terrosi, amianto, bentonite, zeolite, ed altri minerali. La terza categoria è composta dalle terre argillose impiegate nell’edilizia, vettovagliamento ed ornamento. I minerali e le sostanze non comprese nelle sopraccitate categorie – incolpevolmente omesse oppure non ancora individuate dal legislatore – saranno catalogate con una legge successiva in una delle tre categorie precedenti. La scissione fra la proprietà del fondo e la proprietà delle miniere, inibisce allo Stato di esplorare con o senza monopolio, uno o vari tipi di minerali compresi nelle categorie delle terre rare: questo impedimento accresce l’opportunità dell’iniziativa dei privati.

La normativa nazionale sugli investimenti21

Con la legge n° 24.196, l’Argentina ha dato vita ad un regime speciale per stimolare gli investimenti nel settore minerario. Tale regime prevede che le persone fisiche e giuridiche residenti e le persone giuridiche straniere – ma stabilite secondo il diritto argentino – possano beneficiare di agevolazioni se iscritti in un apposito registro22. Anche le persone e le imprese di servizi minerari così come gli enti pubblici nazionali, provinciali e municipali devono aderirvi per godere dei benefici.

Le attività comprese nel regime speciale sono la prospezione, l’esplorazione, lo sviluppo, la preparazione e l’estrazione di sostanze minerali individuate dal codice minerario, compresi i relativi processi e le fasi di lavorazione. Non rientrano le attività collegate all’estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi ed i processi industriali di lavorazione del cemento e delle ceramiche. Il regime speciale prevede – fra le altre cose – la stabilità fiscale per trent’anni dal momento della presentazione dello studio di fattibilità. Sono compresi tutti i tributi diretti, tasse e contribuzioni impositive così come i dazi ed altri gravami d’importazione ed esportazione. In questo modo, le imprese minerarie, non vedranno incrementare la pressione fiscale da parte dello Stato, delle Province o dei Municipi che aderiscono al sopraccitato regime speciale. Questo beneficio si estende alle nuove attività minerarie ed a quelle già esistenti. Non saranno applicati nuovi tributi – salvo che le disposizioni siano di maggior favore per il contribuente- né modificazioni ai meccanismi o procedimenti per la determinazione della base imponibile dei tributi, per la deroga delle esenzioni, per l’eliminazione delle deduzioni concordate, per l’incorporazione di situazioni non previste nell’ambito di un tributo, eccetera. Infine, è prevista l’esenzione doganale per i macchinari, impianti, ricambi, e materiale importato per l’attività mineraria.

Normativa bilaterale a garanzia degli investimenti

L’Italia ha firmato con l’Argentina un accordo sulla promozione e protezione degli investimenti entrato in vigore il 14 ottobre 1993. Con Legge 282/82 è stata data esecuzione alla Convenzione Bilaterale in materia di doppia imposizione fiscale fra l’Italia e l’Argentina. L’accordo sulla promozione e protezione degli investimenti intende per “investimento” ogni diritto di natura economica conferito per legge o per contratto, nonché ogni licenza e concessione rilasciata in conformità alle disposizioni vigenti per l’esercizio di tali attività economiche, comprese quelle di prospezione, coltivazione, estrazione e sfruttamento di risorse naturali. Anche se non dichiarata espressamente, l’attività mineraria ed estrattiva è considerata investimento in quanto diritto di natura economica conferito mediante concessione.

Sono “investitori” le persone giuridiche costituite conformemente alla normativa argentina, con sede nel territorio argentino e riconosciuta dallo Stato come ente pubblico esercente attività economiche, le società di persone o di capitali, le fondazioni, le associazioni indipendentemente dal fatto che la loro responsabilità sia limitata o meno. In caso di nazionalizzazione ed esproprio, l’Argentina si impegna a non adottare provvedimenti che limitino, a tempo determinato od indeterminato, i diritti di proprietà, di possesso, di controllo o di godimento inerenti agli investimenti effettuati dall’investitore italiano, salvo specifiche disposizioni di leggi, sentenze e decisioni emanate dai competenti tribunali nonché altre disposizioni non discriminatorie di carattere generale destinate a disciplinare le attività economiche. Gli investimenti esteri italiani non saranno direttamente o indirettamente nazionalizzati, espropriati, requisiti o soggetti a provvedimenti aventi analoghi effetti nel territorio argentino, a meno che non si verifichino le seguenti condizioni:

  1. che i relativi provvedimenti rispondano ad esigenze di pubblica utilità, di sicurezza o di interesse nazionale;
  2. che siano stati adottati in conformità alle procedure di legge previste;
  3. che non siano discriminatori né contrari a diverso impegno assunto;
  4. che siano accompagnati da disposizioni che prevedano il pagamento di un risarcimento adeguato, effettivo ed immediato.

Il risarcimento, secondo il trattato, sarà equivalente all’effettivo valore di mercato dell’investimento immediatamente prima del momento in cui le decisioni di nazionalizzazione e di esproprio siano state annunciate o rese pubbliche e sarà determinato in base a parametri tecnici internazionalmente accettati. Qualora un valore di mercato non possa essere sollecitamente accertato, il risarcimento verrà determinato sulla base di una equa valutazione degli elementi costitutivi e distintivi di impresa nonché delle componenti e dei risultati delle correlate attività imprenditoriali. Il risarcimento comprenderà gli interessi, maturati alla data di pagamento, calcolati al normale tasso di interesse commerciale. In mancanza di un accordo fra l’investitore italiano e l’autorità argentina che ha adottato il provvedimento, l’ammontare del risarcimento verrà definito secondo le modalità di soluzione delle controversie. Il risarcimento, una volta determinato, verrà prontamente pagato nella valuta nella quale l’investimento sia stato effettuato, ovvero, in una valuta liberamente convertibile accettata dall’investitore e ne sarà autorizzato il rimpatrio.

L’Argentina garantisce agli investitori italiani, dopo l’assolvimento di ogni obbligo fiscale e conformemente alle disposizioni della rispettiva normativa bancaria, il libero trasferimento all’estero, nella valuta nella quale l’investimento sia stato realizzato o in altra valuta convertibile, senza indebito ritardo, al tasso di cambio applicabile alla data dei trasferimenti, di:

  • capitali, quote aggiuntive di capitale ed incrementi di capitale utilizzati per mantenimento e sviluppo di investimenti;
  • redditi definiti dall’accordo bilaterale;
  • somme derivanti dalla realizzazione di attività di bilancio ovvero della totale o parziale vendita o liquidazione di un investimento, inclusi eventuali plusvalenze e incrementi del capitale iniziale investito;
  • somme destinate al rimborso di prestiti effettivamente assunti per investimenti o direttamente collegati con questi ultimi nonché somme destinate al pagamento degli interessi relativi;
  • compensi ed indennità percepite derivati da lavoro subordinato o da servizi prestati nella realizzazione di investimenti effettuati ne proprio territorio, secondo le modalità previste dalle leggi e dai regolamenti nazionali vigenti, come altresì compensi per assistenza e servizi tecnici;
  • risarcimenti.

Il libero trasferimento avrà luogo entro i sei mesi dalla richiesta. L’Argentina non potrà ricusare, sospendere a tempo indeterminato o privare di contenuti tale diritto. Ciascuna parte conserva il diritto, in caso di eccezionali difficoltà di bilancia dei pagamenti, di stabilire limitazioni ai trasferimenti in forma equa, senza discriminazioni e in conformità ai propri obblighi internazionali. Tali limitazioni non potranno superare, per ciascun investitore, una durata di trentasei mesi ed includeranno la facoltà per l’investitore di ottenere un trasferimento frazionato in rate di durata non superiore a diciotto mesi. Il governo argentino assicurerà in ogni momento agli investitori italiani il libero trasferimento dei dividendi effettivamente distribuiti, in valuta proveniente dalle proprie esportazioni.

Legislazione ambientale

Come già anticipato, lo sfruttamento intensivo delle terre rare crea problemi di inquinamento ambientale. La Costituzione Argentina, nel suo articolo 41, stabilisce che tutti, indistintamente se cittadini e stranieri, hanno diritto ad un ambiente sano con conseguente obbligo di preservarlo. Le autorità nazionali devono, pertanto, fissare i livelli minimi di tutela. Le Province, invece, si riservano la facoltà di complementare tali disposizioni. La peculiarità del diritto ambientale argentino risiede nella sua naturale tendenza a ripristinare la situazione di fatto una volta accertato il danno ambientale. Si tratta di un vero e proprio obbligo di riparazione che deriva dalla tradizione civilistica argentina. Vi sono poi altre leggi a tutela dell’ambiente. La legge n° 25.675, nota come “legge ambientale”, disciplina i fatti leciti o illeciti che mediante azioni od omissioni provochino danni ambientali. L’elemento qualitativo introdotto da questa norma è il preminente interesse collettivo. Il danno ambientale, infatti, viene definito come qualunque alterazione significativa che modifichi negativamente l’ambiente, le sue risorse, l’equilibro dell’ecosistema, o i beni o i valori collettivi.

Nello specifico, dispone l’articolo 2823, che “colui che causa un danno ambientale sarà oggettivamente responsabile per il suo ripristino allo stato precedente della sua produzione”. Il termine “oggettivamente” in realtà introduce la responsabilità oggettiva, e si riferisce all’esecuzione di un atto che per colpa o per negligenza provochi ad un altro un danno24 ma anche a qualsiasi danno causato da coloro che agiscono in rapporto di dipendenza, o delle cose che si utilizzano, o che sono in sua custodia25. La responsabilità per i danni ambientali in Argentina presenta alcuni contorni di elevata incertezza. La menzionata legge ambientale, nel suo articolo 2926, esclude la responsabilità quando “(…) nonostante si siano adottate tutte le misure per evitarli e senza colpa concorrente da parte del responsabile, i danni si sono verificati per colpa esclusiva della vittima o di altro terzo per i quali non si deve rispondere”. La responsabilità civile o penale per il danno ambientale è indipendente da quella amministrativa.

Anche la legge n° 24.196 sugli investimenti nel settore minerario vuole occuparsi della tutela dell’ambiente. Le imprese iscritte al regime speciale sono obbligate a costituire un fondo finalizzato ad una sorta di “previsione” per la conservazione dell’ambiente. Questo fondo è a discrezione delle imprese e sarà considerato come carico deducibile delle imposte sul reddito27. In questo modo lo Stato vuole evitare che successive esigenze in materia ambientale violino il regime di stabilità fiscale.

Infine, il Código Minero impone alle persone fisiche e giuridiche – siano esse pubbliche o private – il rispetto delle sua sezione seconda, appositamente dedicata alla protezione ambientale. Le norme prevedono che il titolare della miniera sia responsabile per i danni ambientali – diretti ed indiretti – provocati dal suo comportamento, dai suoi collaboratori o da altri in nome suo durante la prospezione, l’esplorazione, lo sfruttamento, lo sviluppo, la preparazione, l’estrazione e lo stoccaggio dei minerali. Rientrano in questa previsione di responsabilità le attività poste in essere per la chiusura della miniera. La sezione è molto dettagliata. Stabilisce procedimenti, metodi e prestazioni che i proprietari delle miniere devono rispettare. Prima di ogni attività rilevante, i concessionari devono presentare una relazione sull’impatto ambientale. La relazione deve contenere, fra le altre cose, il tipo di azione che si intende compiere e gli eventuali rischi per l’ambiente. Durante la fase di esplorazione, la relazione dovrà contenere una descrizione dei metodi estrattivi e delle misure di protezione necessarie per l’ambientale. Le autorità devono preventivamente approvare la relazione, entro e non oltre sessanta giorni dal momento della presentazione, prima di cominciare le attività. Se la relazione presentata non è esaustiva, entro trenta giorni dalla comunicazione dell’autorità amministrativa, deve essere presentata una nuova. Le relazioni di impatto ambientale devono essere aggiornate dall’interessato ogni due anni. Presso l’autorità mineraria provinciale è istituito un Registro dei Contravventori e fra le sanzioni che possono essere irrogate vi sono la multa, la sospensione della validità del certificato di qualità ambientale dei prodotti estratti, il risarcimento – rectius: riparazione – per i danni ambientali e la chiusura temporale delle miniere. In caso di tre infrazioni gravi è prevista la chiusura definitiva della miniera e la revoca della concessione. Le Province devono vigilare sulla corretta applicazione delle disposizioni di questa sezione.

Conclusioni

Alla luce del brevissimo esame della regolamentazione argentina in ordine alla concessione mineraria ed alla proprietà delle miniere, si evidenzia quindi, una distinzione fra dominio e proprietà delle stesse. Ciò posto, tale distinzione teorica non impedisce all’investitore privato, argentino o straniero che sia, di disporre, godere, sfruttare ed alienare questi beni.

La giurisprudenza argentina è ricca di riferimenti che rendono il diritto minerario sempre più speciale ed autonomo – e di conseguenza – sempre più operativo. Queste pronunce se da un lato hanno ribadito il dominio dello Stato, dall’altro confermano la piena possibilità in capo al privato di operare e ragionare nell’ottica del proprietario, con ampie cautele legali poste a tutela dell’investimento .

In particolare, si osserva come il diritto argentino permetta agli investitori stranieri di effettuare investimenti minerari nel paese alle stesse condizioni degli investitori residenti, senza bisogno di preventive approvazioni o di una qualche procedura di registrazione prodromica. Le terre rare presenti nell’entroterra argentino, in un contesto così favorevole all’investitore straniero, non si presentano quindi come semplici risorse minerarie. Sono, soprattutto, beni strategici che attendono una giusta collocazione nei mercati internazionali.

Francesco G. Leone

Marco Sbrocca

NOTE:

1.- Secondo the International Union of Pure and Applied Chemistry, le terre rare sono diciassette elementi della tavola periodica in particolare lo scandio (Sc), ittrio (Y), lantanio (La), cerio (Ce), praseodimio (Pr), neodimio (Nd), promezio (Pm) , samario (Sm), europio (Eu), gadolinio (Gd), terbio (Tb), disprosio (Dy), olmio (Ho), erbio (Er), tulio (Tm), itterbio (Yb), lutezio (Lu).

2.- Superconduttori, magneti, catalizzatori, laser, fibra ottica, eccetera.

3.- Fonte rapporto SEC(2008)-2741 della Commissione Europea “The raw materials initiative – meeting our critical needs for growth and jobs in Europe”.

4.- La Città di Buenos Aires -denominata anche Capitale Federale- ha una autonomia speciale non paragonabile alle prerogative riservate alle Province.

5.- Costituzione della Repubblica Argentina, articolo 121 “Las provincias conservan todo el poder no delegado por esta Constitución al Gobierno federal, y el que expresamente se hayan reservado por pactos especiales al tiempo de su incorporación”

6.- Costituzione della Repubblica Argentina, articolo 75 comma 12.

7.- Noto anche come Legge n° 1919.

8.- Legge n° 1919, articolo 9 “El Estado no puede explotar ni disponer de las minas, sino en los casos expresados en la presente ley”.

9.- Sono le percentuali fisse calcolate sulla base della quantità di materiale estratto. Attualmente l’aliquota è del 3%.

10.- Data la natura federale dell’Argentina, possiamo dire che sono state le Province a delegare il Congreso Nacional affinché quest’ultimo stabilisca un regime di proprietà distinto dal diritto civile mediante le previsioni contenute nel codice minerario.

11.- Combinato disposto della Legge n° 1919, articolo 8° “Concédese a los particulares la facultad de buscar minas, de aprovecharlas y disponer de ellas como dueños, con arreglo a las prescripciones de este Código” e articolo 44 “Las minas se adquieren en virtud de la concesión legal otorgada por autoridad competente con arreglo a las prescripciones del presente Código. Son objeto de concesión los descubrimientos y las minas caducas o vacantes”.

12.- Legge n° 1919, articolo 7 ”Las minas son bienes privados de la Nación o de las Provincias, según el territorio en que se encuentren”.

13.- Legge n° 1919, articolo 12 “Las minas son inmuebles. Se consideran también inmuebles las cosas destinadas a la explotación con el carácter de perpetuidad,(…)”.

14.- In realtà si dovrebbe parlare di sola “concessione mineraria” per ribadire la specificità del diritto minerario nella legislazione argentina e mai di mera concessione, dato che questo istituto, sembra carente di tutti gli elementi costitutivi richiesti dal diritto amministrativo argentino.

15.- Legge n° 1919, articolo 44 “Las minas se adquieren en virtud de la concesión legal otorgada por autoridad competente con arreglo a las prescripciones del presente Código. Son objeto de concesión: a) Los descubrimientos. B) Las minas caducadas y vacantes”.

16.- Legge n° 1919, articolo 156 “La concesión de una mina comprende el derecho de exigir la venta del terreno correspondiente. Mientras tanto, se sujetará a lo dispuesto en el parágrafo de las servidumbres”.

17.- Legge n° 1919, articolo 10 “Sin perjuicio del dominio originario del Estado reconocido por el Artículo 7º, la propiedad particular de las minas se establece por la concesión legal”.

18.- La parola dominio nel ordinamento italiano viene utilizzata per elencare tre situazioni ben distinte: proprietà, possesso e detenzione. Mentre la prima è una situazione formale e, in quanto tale, garantisce al titolare i massimi poteri possibili rispetto ad una cosa, le altre due sono situazioni materiali e determinano l’attribuzione al soggetto attivo solo di taluni poteri.

19.- Oro, argento, platino, mercurio, rame, ferro, piombo, stagno, zinco, nichel, cobalto, bismuto, manganeso, antimonio, wolfram, alluminio, berillio, vanadio, cadmio, tantalio, molibdeno, litio e potassio.

20.- Carbone, lignito, antracite ed idrocarburi solidi.

21.- L’Argentina ha ratificato la Convenzione di Washington del 1965 per la composizione delle controversie relative agli investimenti fra Stati e cittadini d’altri Stati e la Convenzione di New York del 1958 per il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze arbitrali straniere. I trattati internazionali, secondo la Costituzione della Repubblica Argentina, articolo 75, comma 22 sono superiori alle leggi.

22.- Vedi Autoridad de Aplicación Ley n° 25.429.

23.- Legge n° 25.675, articolo 28 “El que cause el daño ambiental será objetivamente responsable de su restablecimiento al estado anterior a su producción. En caso de que no sea técnicamente factible, la indemnización sustitutiva que determine la justicia ordinaria interviniente, deberá depositarse en el Fondo de Compensación Ambiental que se crea por la presente, el cual será administrado por la autoridad de aplicación, sin perjuicio de otras acciones judiciales que pudieran corresponder”.

24.- Codice Civile argentino, articolo 1109 “Todo el que ejecuta un hecho, que por su culpa o negligencia ocasiona un daño a otro, está obligado a la reparación del perjuicio. Esta obligación es regida por las mismas disposiciones relativas a los delitos del derecho civil”.

25.- Codice Civile argentino, articolo 1113 “La obligación del que ha causado un daño se extiende a los daños que causaren los que están bajo su dependencia, o por las cosas de que se sirve, o que tiene a su cuidado”. 26.- Legge n° 25.675, articolo 29 “La exención de responsabilidad sólo se producirá acreditando que, a pesar de haberse adoptado todas las medidas destinadas a evitarlo y sin mediar culpa concurrente del responsable, los daños se produjeron por culpa exclusiva de la víctima o de un tercero por quien no debe responder”.

27.- Legge n° 24.196, articolo 23 “A los efectos de prevenir y subsanar las alteraciones que en el medio ambiente pueda ocasionar la actividad minera, las empresas deberán constituir una previsión especial para tal fin. La fijación del importe anual de dicha previsión quedará a criterio de la empresa, pero se considerará como cargo deducible en la determinación del impuesto a las ganancias, hasta una suma equivalente al cinco por ciento (5%) de los costos operativos de extracción y beneficio. Los montos no utilizados por la previsión establecida en el párrafo anterior deberán ser restituidos al balance impositivo del impuesto a las ganancias al finalizar el ciclo productivo”.

28.- Vedi S. T. Jujuy, Sala II, 7/3/84, “Lamas, Pastor C.”, “E.D.” del 1/10/84, pag. 7, C.S.J.N., 3/5/79, “Yacimientos Petrolíferos Fiscales v. Provincia de Mendoza y otro”, C.S.J.N., 2/8/88, “Provincia de Mendoza v. Estado Nacional”, “L.L:”, 1989 – A – 449, con nota de Guillermo J. Cano; “E.D.”, 129 – 73.

Costi

Domiciliazione (comprendente eventuali adempimenti di cancelleria e la partecipazione alle udienze)

Nell’eventualità di iscrizione a ruolo cartacea, il fascicolo di parte dovrà pervenire presso lo Studio Legale Sbrocca almeno 5 (cinque) giorni prima della scadenza per l’adempimento unitamente ad una lettera accompagnatoria indicante chiaramente la data ultima per l’iscrizione.
Stante l’obbligatorietà della iscrizione a ruolo telematica per la maggior parte dei giudizi, in questi casi il compenso dovuto per la domiciliazione dinanzi al Tribunale Civile di Roma, al Tribunale per i Minorenni di Roma, alla Corte d’Appello di Roma, alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio ed al T.A.R., comprendente eventuali adempimenti di cancelleria e la sostituzione in udienza, ammonta ad € 500,00, oltre il rimborso forfettario delle spese generali e gli accessori di legge, per l’intero giudizio e tale somma è comprensiva di n. 2 (due) sostituzioni in udienza.

Per giudizi dinanzi al Consiglio di Stato ed alla Corte di Cassazione, il compenso dovuto per la domiciliazione ammonta ad € 500,00, oltre il rimborso forfettario delle spese generali e gli accessori di legge, ed è comprensiva di una sostituzione in udienza.
Chi richiede al domiciliatario la sostituzione in udienza avrà l’onere di fornire specifiche istruzioni per l’attività difensiva da compiere in udienza, provvedendo ad inviare in maniera tempestiva i documenti e gli atti processuali che sono necessari per preparare l’udienza nella maniera migliore.

In ogni caso ogni incarico dovrà essere anticipato dall’invio della copia della ricevuta di bonifico del compenso professionale pattuito.

Sostituzione in udienza

Anche in questo caso chi richiede la sostituzione in udienza con o senza domiciliazione avrà comunque l’onere di fornire specifiche istruzioni per l’attività difensiva da compiere in udienza, provvedendo ad inviare in maniera tempestiva i documenti e gli atti processuali che sono necessari per preparare l’udienza nella maniera migliore.
Il compenso richiesto per la sola sostituzione in udienza dinanzi al Giudice di Pace di Roma ammonta ad € 50,00, per ogni singola udienza, oltre il rimborso forfettario delle spese generali e gli accessori di legge.

Il compenso richiesto per la sola sostituzione in udienza dinanzi al Tribunale Civile di Roma, al Tribunale per i Minorenni di Roma, alla Corte d’Appello di Roma, alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma e alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio ammonta ad € 100,00 per ogni singola udienza, oltre il rimborso forfettario delle spese generali e gli accessori di legge.

Il compenso richiesto per la sola sostituzione in udienza dinanzi al T.A.R. Del Lazio ammonta ad € 150,00 per ogni singola udienza, oltre il rimborso forfettario delle spese generali e gli accessori di legge.

Il compenso richiesto per la sola sostituzione in udienza dinanzi al Consiglio di Stato ammonta ad € 250,00 per ogni singola udienza, oltre il rimborso forfettario delle spese generali e gli accessori di legge.

Il compenso richiesto per la sola sostituzione in udienza dinanzi alla Corte di Cassazione ammonta ad € 350,00 per ogni singola udienza, oltre il rimborso forfettario delle spese generali e gli accessori di legge.

In ogni caso ogni incarico dovrà essere anticipato dall’invio della copia della ricevuta di bonifico del compenso professionale pattuito.